Una classe politica che non è consapevole
Mancata consapevolezza. Due parole emergono dalle ultime «Considerazioni finali» del primo mandato di Ignazio Visco, governatore della Banca d’Italia. Una mancata consapevolezza da parte della politica di almeno due elementi.
Il primo: la profondità della crisi e il fatto che, per quanto siano state messe in atto azioni di riforma (come quella delle pensioni) o il mix di interventi espansivi e nuove regole sul lavoro (Jobs act) e quindi il Paese si sia rimesso sulla strada del risanamento, il percorso è solo agli inizi. Il secondo: il maggiore ostacolo allo sviluppo è rappresentato dal debito pubblico oltre che dai crediti deteriorati che appesantiscono i bilanci delle banche. Parlare di atto d’accusa da parte di Visco alla politica è eccessivo, i toni sono quelli pacati di un’Autorità poco abituata a farsi sentire urlando ma che preferisce invece usare la forza delle argomentazioni. In Via Nazionale sono di casa le parole di Jean Monnet, padre fondatore dell’Europa: niente è possibile senza gli uomini; niente è duraturo senza le istituzioni. L’atteggiamento è quello che Visco sottolinea nei confronti dell’Europa: «A volte critichiamo regole europee di cui non siamo completamente soddisfatti o scelte di autorità europee che non condividiamo, ma non per mettere in discussione il cammino dell’Europa». È per questo che la puntigliosità con la quale Visco ieri mattina ricordava le cifre della crisi erano la premessa alla richiesta di uno «sforzo eccezionale» per rilanciare il Paese. «Le conseguenze della doppia recessione sono state più gravi di quelle della crisi degli anni Trenta. Dal 2007 al 2013 il Pil è diminuito del 9%; la produzione industriale di quasi un quarto; gli investimenti del 30%; i consumi dell’8%. Ancora oggi nel nostro Paese il prodotto è inferiore di oltre il 7% al livello di inizio 2008». Nel resto dell’area euro è superiore al 5. Come non essere preoccupati se di queste cifre la politica sembra non averne contezza? Quella mancanza di coscienza che ci ha portati ad accettare regole sul bail-in (salvataggi bancari) senza battersi per un necessario periodo transitorio. Che ha snobbato le proposte per un bad bank (un’istituzione pubblica che potesse assorbire i crediti deteriorati, ingombrante posso che frena banche ed economia). Ma che oggi non può significare la sottovalutazione del tema del debito che ci rende così vulnerabili e fragili. Le azioni da intraprendere Visco, anche qui, le elenca puntualmente. Vanno da una revisione della composizione delle spese e delle entrate per favorire gli investimenti alla riconsiderazione dei trasferimenti e delle agevolazioni ed esenzioni fiscali. Fino alla proposta choc (secondo il Governatore possibile) di un avanzo primario del 4% annuo che significano correzioni e manovre da decine di miliardi per ridurre il debito. La politica ora dovrebbe esprimersi. Ma non sul passato, quanto sulle cose da fare, sul futuro. Anche in disaccordo con Visco. Ma dicendolo. Discutendone. Il solo farlo, dimostrare consapevolezza, rendere meno ingombranti i dubbi che rendono così poco comprensibile la direzione intrapresa dall’Italia a imprese, cittadini e partner internazionali. La politica e i partiti ci riusciranno?