Corriere della Sera

Giovanni, vissuto poche ore e ucciso La mamma: «Temevo fosse malato»

Torino, accusa di omicidio. Il padre: ignoravo la gravidanza. Interrogat­ivi sul suo ruolo

- Marco Bardesono

Buttato dal balcone, finito sull’asfalto, morto poche ore dopo essere venuto al mondo. I medici che hanno provato a salvarlo l’hanno chiamato Giovanni. Le prime e uniche carezze le ha ricevute da due netturbini e un automobili­sta che hanno notato un fagotto in mezzo alla strada in una via di Settimo Torinese e si sono avvicinati. «Respirava, lo abbiamo pulito e abbiamo chiamato il 118». A dare una mano c’era Giuliana, una donna di mezza età che abita lì vicino: «Ho portato asciugaman­i e una coperta. Poi ho alzato lo sguardo e ho visto affacciati a una finestra del palazzo di

L’interrogat­orio «L’ho partorito io, poi non ricordo nulla Mio marito ha una sindrome neurologic­a»

fronte Valentina e Salvatore, due coniugi che conosco. Guardavano incuriosit­i, non avrei mai immaginato cosa sarebbe successo dopo».

Alle 19 di martedì i carabinier­i si sono presentati nell’abitazione dei due che Giuliana aveva visto alla finestra. Il bagno di casa era sporco di sangue, in un angolo c’erano stracci, bende e garze che Valentina aveva usato durante il parto. Le tracce ematiche portavano al balcone. La donna è stata accompagna­ta in Procura a Ivrea dove martedì notte, incalzata dalle domande del procurator­e capo Giuseppe Ferrando, ha confessato: «Ho partorito da sola, ho fatto tutto io, altro non ricordo. Salvatore dormiva nell’altra stanza e non si è accorto di nulla». Tanto è bastato al magistrato per disporre il fermo indiziario della donna, accusata di omicidio, e ordinare altre perizie.

«Mia moglie incinta? Non ne sapevo nulla, eppure ha sempre avuto il ciclo mestruale», è stata la prima reazione di Salvatore, sul cui ruolo restano degli interrogat­ivi. «Non volevo quel bambino — ha confessato Valentina tra lacrime e singhiozzi —, perché mio marito soffre di una sindrome neurologic­a che nostra figlia di tre anni ha ereditato». Nel corso dell’interrogat­orio la donna si è contraddet­ta: «Non volevo il bambino», «Non mi sono mai accorta della gravidanza»; «L’ho gettato dal balcone»; «Non ricordo nulla».

Della sua gravidanza Valentina non ha informato nessuno. A chi le faceva notare la pancia evidente, rispondeva di essere un po’ ingrassata. «Ci vedevamo raramente — dice la sorella Marianna —. Lei non si è mai confidata. Mi chiedo come Salvatore non se ne sia reso conto». A Marianna la Procura di Ivrea ha ora affidato la figlia minore della coppia.

Una famiglia apparentem­ente normale, lei cameriera fino allo scorso settembre in un locale vicino a casa («Brava nel suo lavoro, forse un po’ scostante con i clienti», ricorda il titolare), descritta come una mamma scrupolosa, «puntuale nell’accompagna­re e prendere la figlia all’asilo». Lui abile venditore presso un’agenzia immobiliar­e. Non avevano problemi economici e sui profili Facebook, nelle ultime ore invasi da insulti, c’erano foto di vacanze a Mentone e feste con amici e parenti. Ieri è stata eseguita l’autopsia sul corpo del bimbo ed è stato prelevato un campione di Dna. «La donna potrebbe aver rimosso — chiude Ferrando — come la Franzoni nel caso Cogne». E come per il piccolo Samuele, il movente dell’infanticid­io è da accertare. Serviranno perizie e interrogat­ori.

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