Corriere della Sera

Stessa finale da 3 anni: inedito. Durant e Curry contro «re» James

- Flavio Vanetti

una volta contro Boston. Ma la frase del killer con la faccia da bambino dipinge uno stato emotivo chiaro, che fa pendere la bilancia leggerment­e dalla parte di GSW e della sua fame diffusa, detto che al fiero pasto conta di unirsi prima di tutto Kevin Durant. KD è l’uomo che ha fatto qualcosa di simile al LeBron prima maniera (ha mollato la squadra che l’ha lanciato) e al culmine della prima annata in gialloblu ha l’occasione di dimostrare che lasciare Oklahoma City è stata la scelta giusta. Secondo noi, più di Curry o di Thompson, è lui l’immagine dei Warriors da opporre a quella del Prescelto.

In questa cornice da uomini di punta si innestano le sottocateg­orie della serie, non meno importanti: si sfideranno la squadra con l’attacco più redditizio (Cleveland) e quella che difende meglio (Golden State); peseranno i blocchi e i tagli lontano dalla palla, ma anche il talento dei singoli o figure come Draymond Green, il pitbull dei Warriors. Golden State deve infine dimostrare che il suo sistema di gioco può prescinder­e da chi l’ha ideato: coach Steve Kerr, ancora fermo per il ripetersi dei guai fisici che gli hanno fatto perdere metà stagione 2016, cederà a Mike Brown il bastone del comando pure per le Finali. Altrove sarebbe una debolezza. Non tra San Francisco e Oakland, però: sembra infatti che i Guerrieri dello Stato d’oro abbiano inventato il pilota automatico per il basket.

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