Non solo thriller, «Broadchurch» è anche una riflessione sulla vita
Sul canale Giallo è arrivata la terza stagione della serie inglese Broadchurch: la produzione ha annunciato che sarà l’ultima, anche perché il suo creatore Chris Chibnall è stato ingaggiato come nuovo showrunner dello storico culto televisivo britannico Doctor Who (lunedì, ore 21, canale 38 del digitale terrestre). Broadchurch è un’immaginaria piccola cittadina di provincia inglese abitata da poche anime, affacciata sulla costa con enormi scogliere a strapiombo sul mare.
Un ambiente tanto affascinante quanto claustrofobico, soprattutto quando viene scosso da eventi disturbanti come crimini e omicidi. Proprio il «senso del luogo» è la costante che ha tenuto insieme le tre stagioni della serie, focalizzate su casi diversi: l’omicidio di un bambino nel potente incipit, la sparizione di due ragazzine nel capitolo intermedio e gli assalti di uno stupratore seriale in quest’ultima stagione.
Oltre a essere un thriller stringente e per molti versi duro, Broadchurch è una riflessione sulla vita di una piccola comunità, dove tutti si conoscono, e su cosa le succede quando un evento traumatico la scuote, tra sospetti e recriminazioni. Gli elementi che l’hanno resa un grande successo di pubblico nel Regno Unito sono facili da identificare: oltre all’ambientazione, c’è la costruzione dei due personaggi principali, i detective Ellie Miller e Alec Hardy (Olivia Colman and David Tennant, due profili psicologici diversi e per molte ragioni distanti dagli stereotipi del detective televisivo.
E infine la struttura classica del giallo, in cui la ricerca del colpevole segue un percorso avvincente, in cui gli iniziali sospetti vengono contraddetti dagli esiti delle indagini e figure inizialmente di sfondo si trovano a ricoprire ruoli importanti.
Se la seconda stagione era parsa più debole meno convincente, la terza mostra buone premesse e già dalle prime sequenze costruisce una caccia all’uomo che appassiona.