Padoan e l’agenda del governo «Io non spreco la manovra»
Il ministro dell’Economia a Trento: l’Italia cresce di più, lascerò i conti in ordine
È un bilancio di fine mandato quello che il ministro dell’Economia Pier Carlo Padoan affida alla platea del Festival di Trento: «Il mio obiettivo è offrire al Paese dei conti sempre più in ordine e degli spazi di utilizzo per il sostegno alla crescita». Ma cosa fare con questi spazi «è una decisione politica in cui non entro, spetta alla legge di Bilancio definirli e a chi la farà». Il prossimo anno, ha detto scherzosamente, «tornerò a Trento da pensionato dell’Università di Roma». Ora la vera incognita che pesa sulla ripresa del Paese non è tanto la possibile fine del Quantitative easing messo in campo dalla Bce, bensì «l’incertezza politica».
In due incontri pubblici Padoan ha ripercorso l’azione di governo e indicato le criticità ancora da risolvere. Avvertendo: «Se un Paese prende scorciatoie finisce male. È un luogo comune che esistano scorciatoie nell’Italia complessa di questi anni, come ottenere 300 miliardi dal patrimonio immobiliare pubblico per abbattere il debito. Non esiste la bacchetta magica». Ha anche indirettamente risposto al segretario del Pd Matteo Renzi che ieri dalle colonne del Sole 24 Ore aveva chiesto di «non sprecare la manovra» e di andare verso una riduzione delle tasse. «L’ultima cosa che un ministro dell’Economia vuole fare è sprecare la manovra — ha replicato Padoan —. La legge di Bilancio non va mai sprecata ma inserita in una prospettiva di medio termine». Il ministro ha ricordato che «il cuneo fiscale in Italia è stato abbassato nel primo momento in cui il governo Renzi è entrato nel Paese».
I nuovi dati sul Pil, certificati giovedì scorso dall’Istat, che aumentano i margini di azione dell’Italia sui conti pubblici, consentendo di chiedere uno «sconto» a Bruxelles sulla prossima manovra come «margine di apprezzamento per la crescita», sono anche frutto delle riforme fatte. «Stiamo andando nella direzione giusta — ha spiegato — a velocità un po’ superiore a quella attesa» e «la crescita sarà migliore delle previsioni di Commissione Ue, Ocse e degli altri, perché incomincerà ad agire l’impatto delle misure che sono state prese nei tre anni scorsi. Queste cose cambiano i parametri, come si dice in gergo tecnico ci sono rischi al rialzo. Ci vuole tempo perché la combinazione di politiche di bilancio e di riforme strutturali diano i loro pieni frutti insieme».
Il quadro macroeconomico è però ancora fragile e non perché, come sostengono alcuni, cominci a prospettarsi la fine della politica accomodante da parte della Bce: «Usciamo dal luogo comune che la fine del Qe sarà un disastro — ha spiegato Padoan —. L’aumento dei tassi è già stato incorporato dai mercati e aiuterà i governi ad avere più flessibilità sui conti pubblici e le banche ad aumentare i margini. Avremo un paio d’anni nei quali la capacità di reazione dell’economia italiana dovrà migliorare». Ma per il ministro «la situazione difficile è legata all’incertezza politica, che è un dato oggettivo. È molto difficile dire quale sarà il prossimo quadro di governabilità e il prossimo Parlamento». In questo contesto il nostro Paese sta giocando anche una partita europea, in cui «la fiducia è direttamente dipendente dalla credibilità che ha l’Italia di rispettare le regole esistenti, anche se possono essere sbagliate». Questa è la precondizione per sedersi al tavolo di chi decide. «C’è un motore franco-tedesco e l’Italia vuole farne parte — ha concluso Padoan — così come è stata sollecitata dagli altri due cilindri».