«Quando è troppo è troppo» May sfida l’Islam radicale (e il multiculturalismo inglese)
Perché «l’intero Paese deve unirsi nell’affrontare l’estremismo, e dobbiamo condurre le nostre vite non in una serie di comunità separate e segregate, ma come un unico vero Regno Unito».
È questa la critica più forte mai arrivata da un primo ministro di Londra a quella concezione comunitarista che è alla base del multiculturalismo britannico: e cioè l’idea che i diversi gruppi etnici e religiosi possano continuare a vivere in mondi paralleli, chiusi nei propri valori e tradizioni. Ora basta, dice Theresa May, è necessaria un’adesione piena ai valori del Regno Unito che metta fine alla separatezza culturale, vista come l’incubatrice del radicalismo.
La premier ha pure annunciato un inasprimento delle misure repressive nei confronti dei reati — anche minori — legati al terrorismo, ad esempio l’allungamento dei termini della custodia cautelare. E ha promesso a polizia e servizi di sicurezza «tutti i poteri di cui avranno bisogno».
Quello che Theresa May non ha annunciato è stato il ritorno al massimo livello di allerta, quello critico, che era stato decretato dopo la strage di Manchester e revocato pochi giorni dopo. Il livello critico indica un attacco imminente ed era stato accompagnato dal dispiegamento dei soldati nelle strade. Una misura poi rapidamente attenuata perché in Gran Bretagna resta forte la diffidenza verso uno stato di emergenza in stile francese.
Allo stesso modo la campagna elettorale per il voto di giovedì prossimo è stata sospesa per la giornata di ieri (unica eccezione l’ultradestra dello Ukip), ma riprenderà pienamente oggi. E non c’è nessuna possibilità che il voto venga rinviato, come qualcuno aveva già cominciato a chiedere sui social media. «Alla violenza non può essere concesso di disgregare il processo democratico, le elezioni vanno avanti», ha concluso la premier.