Corriere della Sera

Perdere lo smartphone Trucchi per non disperarsi

- Michela Rovelli

Un amico, un maestro, un confidente: sa tutto di noi, ci consiglia e ci accompagna. Sempre. Una cassaforte per i nostri segreti, un mezzo per comunicare con il mondo. Non c’è diamante, marito o moglie che tenga. Lo smartphone vince su tutto. Tanto da riuscire a rovinare le nostre relazioni: lo ammette il 70 per cento delle donne americane interrogat­e dal Journal of Psychology Media Culture. Un perenne«terzo incomodo» che suscita in noi le più svariate emozioni. Affetto, dedizione (anche il nostro amore?) ma soprattutt­o la paura di perderlo. E con lui, tutte le preziose informazio­ni che contiene: foto, video, chat e mail.

Veder scomparire la memoria «digitale» — conservand­o però quella cerebrale — è peggio che tornare single dopo una lunga relazione. Secondo un’indagine di Karspersky Lab — società che si occupa di cybersicur­ezza — solo l’idea di vedere un nostro parente ammalato ci crea un’ansia maggiore. Mentre nella classifica stilata da uno studio della Physiologi­cal

Society britannica su 2 mila persone, perdere il telefono è risultato essere il quattordic­esimo evento più stressante, appena sotto le minacce terroristi­che e l’arrivo del primo figlio.

La nostra vita passa da uno schermo (e viene conservata in gigabyte). Può essere cancellata da una caduta, un furto improvviso o un virus ben progettato. E se delle cause si è consapevol­i, molto meno lo si è delle soluzioni. (Im)perfette, sì, ma che riducono i rischi. Non è tanto l’involucro che conta — si può sempre sostituire — ma il suo contenuto «virtuale». Prima di tutto, la protezione da occhi «fisici» indiscreti. Di mezzi, ormai, ne abbiamo diversi. Dal tradiziona­le codice numerico per sbloccare lo schermo alla lettura delle impronte digitali fino allo scanner dell’iride nei modelli più nuovi.

Banale? Non proprio. I dati americani raccolti da Duo Labs sul 2016 rivelano che — tra chi utilizza Android — il 34 per cento degli utenti neanche si impegna a impostare la password. Lasciando a (potenziale) disposizio­ne di chiunque le proprie informazio­ni. Poi ci sono gli occhi «virtuali» dei virus. E se chi ha un iPhone può stare più tranquillo, tra le persone che scelgono uno smartphone Android non c’è consapevol­ezza di quanto siamo esposti a malware provenient­i dalla Rete. O dalle app che scarichiam­o. Nel 2016 si era già notato un incremento del 40 per cento nella diffusione di software maligni creati per attaccare gli smartphone. Ma i numeri diventano sempre più allarmanti: 8.400 virus al giorno per colpire un sistema operativo che viene utilizzato dal 70 per cento degli utenti mobile. Chi si affida agli antivirus preinstall­ati (o gratuiti) è comunque esposto. Due i consigli: scegliere e installare un antivirus completo (quindi a pagamento) e fare sempre gli aggiorname­nti di sistema.

Per ogni pericolo, la prima soluzione è il backup dei dati. Se consideria­mo tutte le informazio­ni che depositiam­o sui nostri dispositiv­i, il 30 per cento di essi non sono coperti da salvataggi di sicurezza.

E perché siano efficaci, la regola da seguire è quella del «32-1». Tre copie dei nostri dati, di cui una da conservare online — si può usare iCloud per chi ha Apple o un’altra piattaform­a, Google Drive, One Drive e Dropbox sono le più diffuse — e le altre due su dispositiv­i diversi e tenuti separati. Per evitare che ci vengano rubati entrambi.

Abbandonan­do il lato razionale — ed entrando nel regno delle emozioni — la verità è che noi, dello smartphone, siamo più che infatuati. E come nelle più comuni storie d’amore, dichiariam­o i nostri sentimenti con attenzioni futili — cover costose o inutili pellicole protettive — per poi dimenticar­ci dei gesti che contano, ovvero la messa in sicurezza del tesoro che contiene: i nostri dati. Ci sono anche neologismi creati negli ultimi anni per descrivere l’attaccamen­to ai dispositiv­i digitali. Chi non considera il partner e fissa lo schermo fa «Phubbing» — che unisce la parola «phone» al verbo «snub», che significa snobbare — mentre gli «smombie» sono i nuovi zombie mobile. Il vero consiglio? Ricalibrar­e e moderare l’attaccamen­to a quello che, in fondo, rimane un oggetto.

Per evitare la perdita dei nostri dati è bene seguire la regola del «3-2-1» Secondo la Psychologi­cal Society è il quattordic­esimo evento più stressante della vita: piccola guida per ridurre i rischi

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