Francesco Leoni
Si ripete continuamente che lo sport è scuola di valori; nel caso Donnarumma, un ragazzino diciottenne baciato dalla fortuna, gli unici valori sono quelli misurabili in euro. Come ha osservato sul Corriere la brava Arianna Ravelli, nel divorzio traumatico di Donnarumma dal Milan, hanno perso tutti. E, soprattutto, dalla vicenda è scaturito un messaggio tutt’altro che positivo per i tanti coetanei, o più giovani, di Gigio: nel calcio, il business e gli affari, in primis quelli dei procuratori, prevalgono sulla passione e sulla riconoscenza per i colori e il fascino di un club, pur prestigioso, come il Milan, che ha permesso al portiere di crescere e di migliorare le sue qualità. Anche alla luce della bandiera, ammainata a Milano, va sottolineata la coerenza e la scelta di vita, e non di villa, fatta da Totti, sempre fedele alla squadra della sua città. Su Donnarumma ai tifosi rossoneri resta un dubbio: Silvio Berlusconi, ancora al vertice della società, sarebbe riuscito a convincere il giovanotto, come riuscì a «sedurre», in passato, tanti campioni più affermati ? Oppure alle sue capacità dialettiche e al carisma, Gigio e i suoi familiari avrebbero anteposto gli argomenti molto più materiali del signor Mino Raiola?
Pietro Mancini, Cosenza
Non oso crederci che Donnarumma abbia tradito così il nostro affetto. Ha buttato via la possibilità di essere uomo e si è venduto al miglior offerente. Poteva essere un giocatore libero, ha preferito diventare oggetto del mercato. Poveretto!
Gianni Mereghetti @corriere