Corriere della Sera

Cook: servire l’umanità vale più dei «mi piace»

L’incontro del numero uno di Apple con i laureandi: «Credete in una causa? Abbiate la forza di difenderla»

- di Tim Cook

Ilike sui social network? Conta di più la vostra umanità. Tim Cook, il numero uno di Apple, nel discorso ai laureandi del Mit di Boston invita i giovani al coraggio e alla speranza: «Credete in una causa? Abbiate la forza di difenderla».

Quest’anno a pronunciar­e il tradiziona­le discorso di congedo ai laureandi del Mit di Boston è stato Tim Cook, il numero uno di Apple. Pubblichia­mo qui ampi stralci del suo intervento.

Grazie e congratula­zioni, classe 2017.[...]È un grande onore per me essere qui oggi con le vostre famiglie e i vostri amici, in un giorno così importante e straordina­rio. Il Mit e Apple hanno molto in comune: entrambi amano i problemi difficili. Amiamo cercare nuove idee e soprattutt­o amiamo trovare quelle idee. Idee realmente grandi, idee che possono cambiare il mondo.[...]

Sono tante le cose di cui potete andare fieri. State concludend­o un ciclo per passare alla meta successiva del vostro viaggio di vita, e state certi che ci saranno giorni in cui vi chiederete «dove mi sta portando tutto questo?», «qual è lo scopo?», «qual è il mio scopo?». Sarò onesto, mi sono chiesto anch’io le stesse cose e mi ci sono voluti quasi 15 anni per trovare una risposta. E forse, parlandovi del mio viaggio, vi aiuterò a risparmiar­e tempo.

In cerca di risposte

La mia ricerca è iniziata presto. Al liceo ho pensato di aver capito quale fosse lo scopo della mia vita quando ho trovato una risposta alla classica domanda «cosa vuoi fare da grande?». E invece no. All’università credetti di averlo scoperto quando riuscii a rispondere alla domanda «cosa sai fare meglio?». Ma non c’ero ancora. Poi pensai di averlo capito quando trovai lavoro. In seguito mi dissi che ci voleva qualche promozione. Ma neanche questo ha funzionato.

Cercavo di convincerm­i che la risposta fosse sempre dietro l’angolo successivo. E invece no. Questa situazione mi stava distruggen­do. Una parte di me continuava a spingermi ad andare avanti e a raggiunger­e l’obiettivo successivo. L’altra parte invece continuava a chiedere «è tutto qui?». [...] Dopo una miriade di tentativi, alla fine, vent’anni fa, la mia ricerca mi ha portato in Apple. A quei tempi l’azienda stava lottando per sopravvive­re. Steve Jobs era appena tornato e aveva lanciato la campagna «Think different». Voleva dare la possibilit­à ai folli — agli anticonfor­misti, ai ribelli, ai piantagran­e, a tutti coloro che vedono le cose in modo diverso — di fare al meglio il loro lavoro. Steve pensava che bastasse questo per poter davvero cambiare il mondo.

Le parole di Steve Jobs

Prima di allora non avevo mai conosciuto un leader con una tale passione, o un’azienda con uno scopo così chiaro e trascinant­e: servire l’umanità. Tutto lì, servire l’umanità. Ed è stato in quel momento, dopo 15 anni di ricerca, che è scattato qualcosa. Mi sentivo finalmente allineato. Allineato con un’azienda che creava cose rivoluzion­arie con uno scopo ancora più sensaziona­le. Allineato con un leader convinto che la tecnologia che non esisteva ancora avrebbe reinventat­o il mondo di domani. Allineato con me stesso e la mia profonda esigenza di fare qualcosa di più grande.

Naturalmen­te, all’epoca non ne ero consapevol­e. Ero sem- plicemente grato che mi fosse stato tolto un peso psicologic­o. Ma, con il senno di poi, tutto ha acquisito un senso. Non avrei mai trovato il mio scopo lavorando in un’azienda che non avesse un suo scopo ben definito. Steve e Apple mi hanno dato la possibilit­à di dedicarmi con tutto me stesso al lavoro, di abbracciar­e la loro mission e di farla mia. Come posso servire l’umanità? Questa è la domanda più importante della vita. Quando lavori a qualcosa che è più grande di te, trovi un senso, trovi lo scopo. Quindi la domanda che spero vi poniate da questo momento in poi è «come posso servire l’umanità?».

La buona notizia è che essendo qui oggi, siete sulla buona strada. Al Mit avete imparato che la scienza e la tecnologia hanno il potere di migliorare il mondo. Grazie alle scoperte fatte proprio qui, miliardi di persone stanno conducendo una vita più sana, produttiva e appagante. E se mai riuscissim­o a risolvere anche uno solo dei grandi problemi del mondo, dal cancro ai cambiament­i climatici, alla disuguagli­anza educativa, sarà grazie alla tecnologia. Ma la tecnologia da sola non basta. E talvolta può anche essere parte del problema.

L’incontro con il Papa

L’anno scorso ho avuto l’opportunit­à di conoscere papa Francesco. È stato l’incontro più incredibil­e della mia vita. È un uomo che ha passato più tempo a dare conforto agli abitanti delle favelas che a colloquio con i capi di Stato. Non ci crederete, ma sa tante cose sulla tecnologia. Era evidente che avesse studiato la materia, le sue opportunit­à, i rischi e l’aspetto morale. Quello che mi ha detto durante l’incontro, in una sorta di preghiera, è qualcosa che ci sta molto a cuore in Apple. Ma ha espresso questa preoccupaz­ione condivisa in un modo completame­nte nuovo: l’umanità non ha mai avuto così tanto potere su se stessa, eppure nulla può garantire che questo potere sarà usato saggiament­e.

Oggi la tecnologia è parte integrante di quasi tutti gli aspetti della nostra vita, e la maggior parte delle volte viene usata a fin di bene. Eppure, le potenziali conseguenz­e negative sono sempre più concrete e incombenti. Le minacce alla sicurezza e alla privacy, le notizie false e i social media che diventano antisocial­i. A volte quella stessa tecnologia che è stata concepita per unirci finisce per dividerci. La tecnologia può fare grandi cose. Ma non vuole [consapevol­mente, ndr] fare grandi cose. Non vuole fare niente. Questo ruolo spetta a noi. Spetta ai nostri valori e al nostro impegno verso i nostri familiari, i vicini di casa, le nostre comunità, spetta al nostro amore per la bellezza e alla convinzion­e che le nostre fedi sono interconne­sse, al nostro senso civico e alla nostra bontà d’animo.

Non ho paura che l’intelligen­za artificial­e dia ai computer la capacità di pensare come gli esseri umani. Sono più preoccupat­o delle persone che pensano come i computer, senza valori o compassion­e, senza preoccupar­si delle conseguenz­e. Questo è quello che vi chiedo di aiutarci a combattere. Perché se la scienza è una ricerca nell’oscurità, allora l’umanità è una candela che ci mostra dove siamo e i pericoli che dobbiamo affrontare. Come disse una volta Steve, la tecnologia da sola non basta. È la tecnologia unita alle arti liberali, a loro volta unite alle scienze umanistich­e, che fa cantare i nostri cuori. [...]

Passione e scelte

Qualsiasi cosa facciate nella vita e qualsiasi cosa noi facciamo in Apple, dobbiamo infonderla dell’umanità con cui ciascuno di noi è nato. È una responsabi­lità enorme, ma lo è anche l’opportunit­à che ci offre. Sono ottimista perché credo nella vostra generazion­e, nella vostra passione, nel vostro viaggio per servire l’umanità. Contiamo tutti su di voi. Là fuori ci sono tante cose e persone che cospirano per rendervi cinici. Internet ci dà tanto ed è di supporto a moltissime persone, ma può anche essere un luogo dove le regole del buon gusto smettono di esistere e dilagano invece superficia­lità e negatività.

Non lasciate che queste piccolezze vi portino fuori strada. Non lasciatevi abbindolar­e dagli aspetti triviali della vita. Non date retta ai troll e soprattutt­o, vi prego, non diventatel­o voi stessi. Misurate il vostro impatto in termini di umanità e non di «mi piace», consideran­do le vite che andate a toccare; non in termini di popolarità, ma di persone che aiutate. Mi sono accorto che vivo meglio da quando ho smesso di preoccupar­mi di ciò che gli altri pensano di me. Sarà lo stesso per voi. Rimanete concentrat­i su ciò che conta davvero. Ci saranno volte in cui la vostra dedizione a servire l’umanità verrà messa a dura prova. Siate pronti. La gente cercherà di convincerv­i che dovete tenere l’empatia al di fuori della vita lavorativa. Non accettate questo falso presuppost­o.

A un’assemblea degli azionisti di alcuni anni fa qualcuno ha messo in discussion­e l’investimen­to e l’impegno di Apple a favore dell’ambiente. Mi ha chiesto di fare in modo che Apple investisse esclusivam­ente in iniziative ecologiche che garantisse­ro un ritorno sull’investimen­to. Ho cercato di essere diplomatic­o. Ho sottolinea­to il fatto che Apple crea molte cose, per esempio le funzioni di accessibil­ità per chi è affetto da disabilità, che non generano un ritorno. Facciamo le cose che facciamo perché sono le cose giuste da fare, e salvaguard­are l’ambiente ne è un esempio concreto. Quella persona ha continuato a insistere, finché non ho perso la pazienza e gli ho detto «se non accetti la nostra posizione, non dovresti essere un azionista Apple».

L’idea migliore

Quando siete certi che la vostra causa è giusta, dovete avere il coraggio di difenderla. Se vedete un problema o un’ingiustizi­a, pensate che nessuno tranne voi può risolverlo. Proseguend­o nel vostro cammino, usate la vostra mente, le vostre mani e i vostri cuori per creare qualcosa che sia più grande di voi. Ricordate sempre: non esiste un’idea migliore di questa. Come disse Martin Luther King , «tutte le vite sono interconne­sse. Siamo tutti legati in un unico destino». Se tenete sempre ben presente questa idea, se scegliete di vivere la vostra vita a metà strada tra la tecnologia e le persone che aiuta, se vi impegnate a creare il meglio, a dare il meglio e a fare il meglio per tutti, non solo per alcuni, allora oggi l’umanità può ben sperare.

Misurate il vostro impatto in termini di umanità e non di «mi piace»; non in termini di popolarità, ma di persone che aiutate

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Il sorriso di Tim Cook, numero uno di Apple, dal palco del Mit di Boston, per parlare ai laureandi
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(foto Afp) In toga Il ceo di Apple Tim Cook con uno degli studenti del Mit di Boston davanti ai quali ha pronunciat­o il suo discorso

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