Corriere della Sera

CRITICHE SENSATE E PARANOIE

Cittadinan­za Gli oppositori si sono distinti per la loro sgangherat­a demagogia. I veri punti deboli della legge riguardano il fatto che è una concession­e automatica, priva di requisiti che ne rafforzino il valore simbolico

- Di Ernesto Galli della Loggia

Pur essendo favorevole in linea generale alla nuova legge sulla nazionalit­à in discussion­e al Senato, trovo che le si possono egualmente muovere alcune ragionevol­i critiche. Principalm­ente due.

La prima è che nella concession­e automatica della cittadinan­za prevista per coloro che sono nati in Italia da genitori di cui almeno uno con regolare permesso di soggiorno da cinque anni come minimo, non si prevede però alcun accertamen­to preliminar­e circa la conoscenza né della nostra lingua, né dei costumi, né delle regole, né di niente della società italiana. Si tratta appunto di una concession­e automatica che tra l’altro, per il solo fatto di essere tale, viene privata di quel forte rilievo simbolico che invece sarebbe stato giusto conferirle. Bisogna sempre ricordare, infatti, che tutto quanto viene dato senza alcun corrispett­ivo perde per ciò stesso d’importanza.

Il secondo punto su cui mi sentirei di dissentire riguarda il divieto di doppia cittadinan­za, che secondo me sarebbe stato opportuno introdurre in ogni caso e che invece è assente. Mi rendo conto delle possibili obiezioni, probabilme­nte anche di carattere costituzio­nale. Ma anche in questo caso era comunque necessario, ne sono convinto, pensare a un modo per conferire alla concession­e della cittadinan­za un carattere di cesura simbolicam­ente irrevocabi­le, di frattura definitiva, rispetto a qualsiasi altra appartenen­za.

Bisognava far capire insomma che la concession­e della cittadinan­za esclude in modo assoluto qualunque eventuale doppia fedeltà. Così come sarebbe stato forse utile considerar­e l’ipotesi di accrescere i motivi per i quali la cittadinan­za, una volta acquistata, la si può anche perdere.

Proprio in relazione a questi ragionevol­i dubbi mi pare per nulla campata in aria la preoccupaz­ione che l’immissione di nuovi cittadini provenient­i da contesti radicalmen­te differenti dal nostro possa finire per alterare l’identità storico-culturale del Paese. La Repubblica, con la sua Costituzio­ne, le sue regole le sue leggi, non è nata dal nulla, infatti, e non vive nel nulla, non discende dall’empireo giuridico-formale dei «Diritti». Per mille tramiti essa scaturisce e si alimenta ogni giorno, invece, di una storia — che è anche una complessa storia di valori — la quale, si provi qualcuno a dimostrare il contrario, si colloca nel tempo e nello spazio e ha un nome e un cognome. Si chiama Italia.

Sollevare questioni del genere è semplice buon senso, non ha niente di xenofobico né di razzista. E un Paese serio che si trova davanti un problema esplosivo come quello di una immigrazio­ne apparentem­ente incontroll­abile ne dovrebbe discutere in modo serio.

Ma da noi questo si rivela sempre difficile. Presentand­o la proposta di legge di cui stiamo dicendo la Sinistra, ad esempio, ha avuto l’indubbio merito di porre il problema in modo concreto, indicando comunque una soluzione concreta, ed è del

merito di questa che si dovrebbe parlare. Che bisogno c’è allora che essa ricorra al sentimenta­lismo un po’ dolciastro di pubblicare teneri visini di bimbi extra-comunitari dagli occhi spalancati, che — si dice per convincerc­i — «sono nati qui»? È un sentimenta­lismo, va subito aggiunto, che però ha un’attenuante. Una sola ma politicame­nte decisiva, dal momento che anche in politica la moneta cattiva è destinata a scacciare sempre quella buona. E cioè il fatto di rispondere al «cattivismo» programmat­ico e apocalitti­co di buona parte della Destra. Alla quale, come se non bastasse si è aggiunto ora anche il Movimento Cinque Stelle (dopo essersi astenuto alla Camera).

Gli argomenti messi in campo dagli oppositori si sono distinti infatti per la loro sgangherat­a demagogia. Abbiamo sentito e letto di tutto tranne che qualche proposta in positivo. Dal «non si fa nulla per gli italiani» (che non si capisce che cosa c’entri, essendo che gli italiani una cittadinan­za fino a prova contraria già ce l’hanno) alla denuncia per gli affari sporchi connessi al traffico e all’accoglienz­a

degli immigrati (tutto vero, ma realmente si pensa che eliminando il «business» dell’immigrazio­ne magari si elimina anche l’immigrazio­ne?), all’allarme diffuso per le terribili malattie che gli immigrati importereb­bero (anche qui: ma che cosa c’entra con la nazionalit­à?).

Su tutto aleggia poi una sorta di furibonda paranoia identitari­a nonché l’idea, non saprei dire se più ingenua o più bizzarra, che senza la pubblicazi­one sulla Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana di una legge sulla concession­e della na- zionalità, milioni di africani se ne starebbero tranquilli a morire di fame rinunciand­o a intraprend­ere il loro disperato viaggio verso l’Europa.

Invece, se una cosa è certa è l’impeto ininterrot­to e di difficilis­simo contenimen­to del fenomeno migratorio da cui siamo investiti. Si tratta di una vera e propria emergenza nazionale che richiedere­bbe alle forze politiche d’opposizion­e, ma in modo tutto particolar­e a quelle della Destra, il perseguime­nto degli interessi vitali del Paese, non la ricerca a tutti i costi di un qualche possibile guadagno elettorale.

La cultura della nazione, il patriottis­mo, quello vero, significa tra le altre cose anche questo: capire quando bisogna rinunciare agli interessi della propria parte in nome di un interesse generale.

Oggi tale interesse si sostanzia in due obiettivi assolutame­nte prioritari. All’interno, evitare da un lato l’apartheid di fatto e dall’altro il comunitari­smo multicultu­rale, assicurand­o nel modo più rigoroso la legalità e la sicurezza; all’esterno utilizzare tutte le risorse politiche e diplomatic­he (il ricatto compreso, caro presidente Gentiloni, il ricatto compreso!) per obbligare i nostri soci europei a non lasciarci da soli nelle peste alle prese con un problema che è anche il loro problema.

Chiunque dia comunque una mano per raggiunger­e uno di questi obiettivi, a qualunque partito appartenga, è un benemerito del nostro Paese.

Approccio La Sinistra ha messo in campo un sentimenta­lismo che non aiuta a capire

Sacrificio La Destra rinunci a una parte della sua visione per fare il vero interesse nazionale

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