Corriere della Sera

Prodi, il pranzo con Letta e Parisi: dialogo a sinistra oltre i tweet

Il lavoro per l’unità dell’ex premier (e le critiche a Renzi). Gentiloni: non mi ricandido

- Romano Prodi Michele Anzaldi Marco Galluzzo

Ha visto a casa di Arturo Parisi, a Roma, Matteo Renzi. Per parlare di programma e del futuro del centrosini­stra. E di nuovo a casa dell’ex ministro della Difesa, ma questa volta a Bologna, vede Enrico Letta. L’attivismo di Romano Prodi, che pur dichiara di non voler alcun ruolo ufficiale — «non ho interessi personali se no non potrei dare una mano» — in qualche modo continua. Nel capoluogo emiliano l’occasione è la kermesse della Repubblica delle Idee, dove l’ex premier Letta, da un paio di anni professore a Parigi, prende la parola.

Lo scopo di Prodi è quello di facilitare un dialogo fra le varie componenti del centrosini­stra: «Lavoro per calmare le acque, sui programmi prima che sulle persone». E anche a questo serve il dialogo fra l’ex presidente della Commission­e europea e l’ex premier a cui Renzi disse «stai sereno» prima di causare la crisi del suo governo. Prodi è convinto che Letta abbia ancora qualcosa da dire e da dare al nostro Paese, e che il ruolo di docente in Francia sia solo una parentesi. Il cronista chiede e il Professore risponde con aria di chi la sa lunga: «Temporanea­mente...».

Un ritorno in campo di Enrico Letta viene smentito dal diretto interessat­o, che pure si dice «molto preoccupat­o per il centrosini­stra», ma in questo periodo tutto appare in movimento. Prodi a Bologna ha un colloquio con Paolo Gentiloni, pranza con Letta, si schermisce di fronte ai giornalist­i: «Io — aggiunge sorridente — sì che posso continuare a fare il professore...». Senza rinunciare però a dire la sua sia in materia di legge elettorale («Mi sono sempre schierato per l’uninominal­e») che di doppio incarico («Il ruolo di premier richiede massima dedizione, difficilme­nte compatibil­e con quella di grande importanza di segretario di partito»).

Letta invece parla di Europa e in qualche modo, anche se indiretto, di Matteo Renzi. Nel primo caso l’invito è alla nostra classe politica, a non perdere un’occasione: «Sono convinto che nel 2017 Francia e Germania torneranno ad avere un ruolo determinan­te, e tocca all’Italia decidere se avere le A Bologna L’ex premier Romano Prodi ieri mentre ascolta l’intervento di Enrico Letta

mani sul volante. Guai all’idea che l’Europa sia la fonte di tutti i mali, ma riconoscer­e che tanto dipende anche dai nostri errori».

Poi arriva anche quello che appare come un affondo contro il renzismo: «Di fronte alla

rivoluzion­e di Internet ci sono due atteggiame­nti della politica. C’è la via finta, quella di chi è follower dei propri follower, in cui loro ti dicono cosa fare. Ma quella non è leadership, ma essere un follower al quadrato. Leadership invece è dire qualcosa che in quel momento non è nella maggioranz­a dell’opinione pubblica». Una critica cui si associa lo stesso Prodi — «le 262 pagine del programma dell’Unione erano tante, ma meglio che un tweet» — e alla quale risponderà il deputato renziano Michele Anzaldi: «Caro prof Prodi, per comunicare con cittadini in era di big data servono anche i tweet, Facebook, i social. La politica viva nell’oggi e guardi a futuro».

Paolo Gentiloni invece analizza il momento dell’esecutivo: «Il mio governo durerà fino a quando avrà la fiducia del Parlamento. Questo è il mio mantra. Penso sia possibile. Si può dire che il mio governo sia nato fragile ma cerca di sviluppare un programma robusto e questo si può fare». Allo stesso tempo il premier risponde con un secco «no» a chi gli chiede se ci sono possibilit­à che possa rimanere a Palazzo Chigi dopo le elezioni. Anche lui, infine, fa un accenno a Renzi: «Il fatto che il leader del Pd lavori ad aprire ad altri soggetti mostra come sia molto impegnato a vincere. Non mi piace una sinistra dei buoni perdenti». E forse neppure il fatto che «spesso le nostre proposte non sono condivise dalla gente povera».

Il ruolo di premier richiede massima dedizione, è difficilme­nte compatibil­e con quello di segretario Caro prof Prodi, per comunicare con cittadini nell’era dei Big data servono anche i tweet, Fb, i social network

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