Corriere della Sera

Tre giovani autori da tenere d’occhio

- Di Beppe Severgnini

Ho scritto sedici libri e nessun romanzo. Ogni tanto mi chiedono: perché? Ho due risposte pronte. (1) Ho letto i romanzi di alcuni colleghi giornalist­i, e mi è bastato (2) La realtà è così fantasiosa che non vedo la necessità di aggiungere altro. Nessun romanziere americano (neppure il più spericolat­o) poteva inventarsi Donald Trump. Ian McEwan, Martin Amis e Jonathan Coe hanno raccontato magistralm­ente i turbamenti inglesi. Nulla, però, in confronto allo psicodramm­a Brexit.

C’è un terzo motivo per cui resto alla larga dalla fiction. I narratori italiani scrivono buoni libri e raccontano belle storie: preferisco leggerli che emularli. Non parlo solo di autori affermati che trovate spesso su la Lettura (compratela, oggi!): Alessandro Piperno, Francesco Piccolo, Silvia Avallone, Paolo Giordano, Sandro Veronesi, Teresa Ciabatti e non solo. Ci sono nuovi arrivi. Tutti più bravi di me, nel raccontare una storia.

Tre nomi (ce ne sarebbero altri). Partiamo da Federico Baccomo, 37 anni, autore di Anna sta mentendo (Giunti). Soggetto geniale: il protagonis­ta si ritrova nel telefono una app rossa, WhatsTrue, capace di svelare la falsità dell’interlocut­ore. Se Anna scrive una bugia — «Sono a casa!», mentre è fuori con l’altro ganzo — l’app segnala «Anna sta mentendo...». Il romanzo ha qualche debolezza, ma BaccMan ci sa fare. L’ho capito al libro d’esordio, Studio Illegale (Marsilio, 2009), subito segnalato sul Corriere. Non ho cambiato idea.

Secondo nome: Claudia Durastanti, 33 anni. Ho letto su Futura (la newsletter pensata da Serena Danna): «La mia famiglia ha votato Trump. E io li capisco», dove l’autrice racconta la sua formazione italoameri­cana. Bum! Fulminante. Se uno scrive di mestiere non ci mette molto a capire se qualcuno sa scrivere. Claudia racconterà per 7-Corriere l’incredibil­e litorale domizio, a nord di Napoli. Sarà un super-reportage: si accettano scommesse.

Infine, Stella Pulpo, classe ‘85, milanese di Taranto. Fai uno squillo quando arrivi (Rizzoli) è una fotografia della confusione sentimenta­le di una generazion­e: femmine sensibili e vulnerabil­i alle prese con maschi soavemente incoscient­i. La combinazio­ne produce casini spettacola­ri, ma buoni dialoghi. E poi una 31enne che cita (pag. 256) In the Court of the Crimson King (King Crimson) dev’essere per forza interessan­te.

Per riassumere: non aspettate i miei romanzi, leggete i loro.

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