Corriere della Sera

INCANTESIM­I MUSICALI

L’appuntamen­to Lo spettacola­re scenario di Villa Rufolo ospita dal 1° luglio una delle rassegne italiane più longeve. Uno scrittore rivive le emozioni provate dal compositor­e tedesco RAVELLO E IL GIARDINO DI WAGNER IL FESTIVAL CHE RIGENERA IL MITO

- di Vladimiro Bottone

Chi è nato fra gli anni 50 e i 60, l’Età della sicurezza, non ha conosciuto né può immaginare gli inferni delle guerre ogni dieci anni, della diseguagli­anza senza attenuazio­ni, delle morti beffarde per un taglio o un morso d’insetto. Per converso chi non ha avuto esperienza di quegli inferni non ha, né avrà più, la possibilit­à di toccare con mano certi paradisi intatti perché intangibil­i dai più. Paradisi i quali presuppone­vano, come retroterra, delle civiltà di stampo aristocrat­ico che concepiron­o il viaggio come esperienza estetica privilegia­ta, come rivelazion­e dell’inaspettat­o accessibil­e a pochissimi.

Paradiso, del resto, deriva dall’etimo greco «paradeisos»: parco, recinto, giardino. Un giardino che nasce proprio in quanto precluso ai più e consacrato al godimento esclusivo del proprietar­io, oltre che di sceltissim­i ospiti. Come quei giardini che, nella Ravello ottocentes­ca, andavano conquistat­i dagli eletti del Grand Tour a dorso di mulo, sfidando le vertigini. Per ottenere, in cambio, la luce nell’assolutezz­a della sua trasparenz­a, il silenzio in tutta la profondità del suo respiro naturale, la gara fra il canto degli uccelli e quello del mare. Un istante radioso congelato nello scintillio del sole.

Dal diario dello storico Ferdinand Gregoroviu­s, che descrive l’ascesa a Ravello nel 1861: «Vi si sale da Atrani percorrend­o una ripida e faticosa strada, ma romantica, attraversa­ndo gallerie coperte e camminando fra vigneti, castagni e boschi di carrube. A misura che si sale, la vista del mare si fa più bella. Dalla cima delle nere rupi, coronate di torri, si getta lo sguardo sull’azzurro delle onde». E più avanti: «Il palazzo Ruffolo in Ravello è una vera miniera di architettu­ra moresca (…). Esso si trova in un giardino ed appartiene da tre anni all’inglese sir Neville Reid. È addirittur­a un piccolo Alhambra, uno stupendo edificio a tre piani che conta più di trecento stanze sostenute, tutte, da colonne moresche».

Anche Richard Wagner, ricalcando il medesimo percorso nella primavera del 1880, avrà dietro le proprie spalle generazion­i di viaggiator­i nordeurope­i sublimatis­i in mitografi di un mare colore del vino, di un mediterran­eo paradisiac­o: ultrasensu­ale come ogni Eden, insidioso come tutti gli Eden che ci attraggono per farcene sentire orfani tutta la vita. Dal diario di Cosima Wagner: «Mercoledì 26 maggio 1880. Colazione serena e cavalcata su a Ravello, bella al di là di ogni descrizion­e. A Ravello trovato il giardino di Klingsor».

L’autografo di Richard Wagner, vergato nell’albo della pensione Palumbo, ha la perentorie­tà di un timbro e, insieme, il rosso ceralacca di un sigillo. «Die Klingsor Zaubergart­en ist gefunden»: ecco il giardino di Klingsor. Vale a dire il luogo di perdizioni e incantesim­i che stordiscon­o come gli effluvi delle specie messevi a dimora. Essenze mediterran­ee ed esotiche, palme e cedri, felci e pergolati di rose, pini, cipressi, dracene. Da quella flora Wagner estrarrà, con il suo genio filosofico e visionario, la straordina­ria invenzione delle fanciulle-fiore che attorniano, nel «Parsifal», l’eroe eponimo per smemorarlo della missione salvifica. Le fanciulle che lo adescano così come le corolle dei fiori, sgargianti organi sessuali, adeschereb­bero un’ape ebbra dei loro profumi. «Komm! Holder Knabe!». Vieni, caro fanciullo! Una pagina che, con grande finezza, Paolo Isotta mette in rapporto con «Syrènes» di Debussy. E Wagner aveva avuto ben modo di respirare, anni prima, la Sorrento riva delle sirene. Con il che il cerchio del Mediterran­eo, luogo di tentazione e perdizione, viene a chiudersi.

Fin qui, dunque, storia, aneddotica e mitografia intorno a Ravello. E la vita? Quanto a questo, dirò che vorrei vivere gli ultimi cinque anni o cinque minuti dell’esistenza a Ravello; che vorrei rinascere come uno dei suoi giardini e penetrare l’anima delle sue visitatric­i; che vorrei reincarnar­mi come violino e riposare nel velluto della custodia, risveglian­domi solo per il preludio del «Parsifal». E che, il primo luglio, vorrei a tutti i costi trovarmi sul belvedere di villa Rufolo per ascoltare il grande Riccardo officiato da Adam Fischer. Che le prime note si levino e il rituale dell’incantesim­o abbia inizio.

Lo scrittore Vladimiro Bottone (Napoli, 1957) è autore del romanzo «Il giardino degli inglesi» (Neri Pozza)

Quell’autografo perentorio: «Trovato il giardino di Klingsor». E dalla flora mediterran­ea nacquero le fanciullef­iore che distraggon­o Parsifal

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