Corriere della Sera

Dopo sei anni torna Pecknold con i Fleet Foxes

- Andrea Laffranchi

o negative come quella di fare un disco senza avere le idee chiare ma un album deve essere un processo divertente e creativame­nte appagante. Volevo anche capire se potevo tornare a focalizzar­mi sulla musica», premette Robin Pecknold, cantante, autore e leader della band di Seattle che con i Mumford & Sons è stata fra i pionieri del folk revival degli ultimi dieci anni.

Non è che lui abbia passato tutto questo tempo chiuso in casa o in studio a scrivere il disco. Anzi. «Ho viaggiato molto, ho persino imparato a fare surf. Nel frattempo ho scritto le canzoni di questo disco». E si è anche iscritto alla Columbia University di New York. Si è rimesso sui libri per tre anni di studio intensi. «Avevo smesso da ragazzino, ho iniziato a fare musica a 14 anni. E provavo un po’ di invidia quando incontravo gente che aveva fatto il college. Ho studiato arte e letteratur­a del ventesimo secolo».

«Crack-Up», in Italia verrà presentato dal vivo con un concerto il 3 luglio a Ferrara sotto le stelle, prende il titolo da una raccolta di scritti del grande romanziere americano Francis Scott Fitzgerald: «Dalla sua opera ho preso anche il concetto della necessità di riuscire a tenere nella mente pensieri opposti allo stesso momento. Questa è una cosa che manca alla politica di oggi e ci ha portati a una divisione profonda della società americana».

Il tema degli opposti che convivono ritorna spesso nel progetto. «Il concetto di doppio è anche negli arrangiame­nti che fanno convivere nello stesso brano strumenti che tengono il tempo in quattro con strumenti che tengono il tempo in sei. E persino nella copertina che è una fotografia scattata dall’artista giapponese Leader Robin Pecknold, 31 anni, è il leader della band di Seattle. Il cantante e autore dei brani si è anche iscritto alla Columbia University di New York Hiroshi Hamaya ma a prima vista potrebbe sembrare un dipinto e che dalla parte sinistra sembra avvolta nell’oscurità di una tempesta ma a destra si apre la luce».

Non è un disco direttamen­te politico, ma quello che accade nel mondo è comunque filtrato arrivando a influenzar­e i testi delle canzoni. «In “Cassius” ci sono riferiment­i al personaggi­o dell’antica Roma che partecipò alla congiura contro Giulio Cesare, al campione di pugilato Cassius Clay, ma quando cito gli spari del 5 luglio faccio riferiment­o al ragazzo di colore ucciso dalla polizia a Baton Rouge nel 2016. Ho anche partecipat­o alle manifestaz­ioni di piazza per protestare, è una vicenda che mi ha profondame­nte colpito».

Barboni da hipster e camicione a scacchi degli esordi non ci sono più. Anche le canzoni non sono le folk song con strumenti acustici, orchestraz­ioni delicate e armonizzaz­ioni vocali. «Crack-Up» ha una struttura più complessa, la durata delle canzoni si discosta dai classici tre minuti e mezzo (il disco è stato anticipato mesi fa dai quasi nove minuti di «Third of May/ Odaigahara»), sembrano delle articolate suite.

«Siamo partiti dal folk, ma credo che la nostra musica non sia più definibile con un’etichetta. Mentre scrivo non penso se quello che sto facendo diventerà una strofa o un ritornello — dice Pecknold —. Li tratto tutti come pezzi di musica e per questo motivo mi restano aperte più opzioni nella composizio­ne».

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