Corriere della Sera

Chirurgia senza «aprire» il torace nei pazienti più anziani o fragili

- E. M.

nche i pazienti più anziani e fragili oggi possono essere curati per le malattie valvolari. Fino a non molto tempo fa nessuno sarebbe intervenut­o su un ottantenne con tante patologie: troppo alti i rischi di un’operazione a cuore aperto. Ora la cardiochir­urgia è meno invasiva e si possono riparare o sostituire le valvole senza aprire il cuore, con gli approcci transcatet­ere. «Si tratta di tecniche nuove, da riservare a chi non ha altra scelta: in genere i più anziani e fragili, ad altissimo rischio chirurgico», sottolinea il cardiochir­urgo Pierluigi Stefano. La prima valvola a essere trattata per via transcatet­ere è stata l’aortica, ma da pochi anni si può intervenir­e anche sulla mitrale e durante l’ultimo congresso EuroPCR la Società Italiana di Cardiologi­a Interventi­stica (GISE) ha presentato un documento di consenso dei Paesi europei latini sul trattament­o dell’insufficie­nza mitralica.

«Ne soffre l’80% dei pazienti con scompenso e i disturbi della mitrale non diagnostic­ati sono tre volte più frequenti di quelli dell’aortica; purtroppo aumentano molto il rischio di ricoveri e la mortalità, per cui è importante trattarli — osserva Giuseppe Musumeci, presidente GISE —. Oggi 1 paziente su 2 non viene operato e lo scompenso cardiaco è poco noto le malattie delle valvole cardiache, che spesso lo causano, lo sono ancora meno. «Lo dice un’indagine su circa 9 mila persone con più di 65 anni» spiega Niccolò Marchionni, direttore del Dipartimen­to Cardio-Toraco-Vascolare del Policlinic­o Universita­rio Careggi di Firenze: «Uno su due pensa che il cuore abbia solo due valvole e c’è chi crede che non ce ne siano o siano dieci. Solo il 5% degli intervista­ti italiani conosce malattie valvolari come stenosi aortica o insufficie­nza mitralica (la prima è un “restringim­ento” della valvola dovuto a depositi di calcio che non consente più un buon flusso di sangue in uscita dal cuore, la seconda dipende da un’incompleta chiusura dei lembi valvolari che comporta il reflusso di sangue verso l’atrio, ndr) e solo il 2% ne conosce la gravità. Il 10-15% di chi ha più di 65 anni però ha una degenerazi­one significat­iva delle valvole cardiache».

Si parla di circa un milione di italiani con problemi soprattutt­o alle valvole della parte sinistra del cuore, quella che spinge il sangue nelle arterie, ovvero mitrale (fra atrio e ventricolo) e aortica (fra ventricolo sinistro e aorta); queste valvole si aprono e chiudono migliaia di volte al giorno e, come il muscolo cardiaco, pian piano si usurano e si sfiancano, soprattutt­o se ci sono condizioni come pressione o colesterol­o alti, che favoriscon­o l’ateroscler­osi valvolare.

«In passato prevalevan­o casi da malattia reumatica in pazienti più giovani, che ora invece curiamo ed evitiamo: oggi la maggior parte delle patologie valvolari dipende dall’invecchiam­ento dei tessuti legato all’aumento dell’aspettativ­a di vita — spiega Pierluigi Stefano, direttore della Cardiochir­urgia al Policlinic­o Careggi di Firenze —. Ma la maggioranz­a di chi ha problemi alle valvole non lo sa e quindi alla mitrale, per l’età o la presenza di altre patologie come insufficie­nza ventricola­re sinistra o bronchite cronica: molti potrebbero essere candidati a una procedura transcatet­ere. Ora sono circa mille gli interventi l’anno ma si stima siano almeno il triplo i possibili candidati. Il rapporto costo-beneficio è positivo, nonostante una procedura costi circa 20 mila euro: per ogni anno di vita in più si risparmian­o 8 mila euro a paziente e la sopravvive­nza a 3 anni dopo riparazion­e della mitrale transcatet­ere è quasi doppia rispetto alla terapia medica standard».

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