Il problema possono essere le «valvole»
uando si può, meglio riparare le valvole piuttosto che sostituirle. Ne è convinto Pierluigi Stefano, direttore della Cardiochirurgia al Policlinico Careggi di Firenze, che spiega: «Se per esempio c’è un’insufficienza mitralica, la riparazione della valvola evita i possibili problemi derivanti dall’impianto di una protesi (dalle endocarditi, ai rischi connessi alla terapia anticoagulante che si rende necessaria, ndr) e mantiene la geometria non fa nulla per curarsi; è fondamentale quindi che si imparino a conoscere i sintomi, che sono quelli tipici dello scompenso a cui si aggiungono spesso dolore al petto e aritmie nel caso di disturbi alla valvola aortica, fibrillazione atriale quando il difetto è nella mitrale». L’associazione Cuore Italia, che aderisce all’organizzazione “Heart Valve Voice”, sta conducendo una campagna di informazione per far sì che aumenti l’attenzione ai segni di un problema valvolare e se ne parlino subito al medico: «La prima diagnosi è abbastanza semplice: basta auscultare il cuore con un fonendoscopio per sentire il caratteristico “soffio”. Poi, per avere conferma, si eseguono elettrocardiogramma ed ecocardiografia — chiarisce Stefano —. Se diagnosticate tempestivamente le malattie delle valvole cardiache oggi possono essere curate, sostituendole, o meglio ancora riparandole, con un intervento cardiochirurgico o per via transcatetere, senza aprire il cuore. Il trattamento La prima diagnosi è abbastanza semplice: basta auscultare il cuore con un fonendoscopio per sentire il caratteristico “soffio”. Poi, per avere conferma, si eseguono elettrocardiogr amma ed ecocardiografia Se scoperte presto le malattie delle valvole cardiache oggi possono essere curate, sostituendole, o riparandole, con interventi per via transcatetere, senza aprire il cuore in cardiochirurgia sta diventando sempre più mininvasivo, con incisioni piccole che abbinano un miglior risultato estetico a una ripresa più rapida, importante soprattutto nei pazienti molto anziani; le procedure percutanee, con le quale si entra con un catetere attraverso l’arteria femorale o per via trans-apicale dal ventricolo sinistro, sono disponibili da pochi anni ma stanno migliorando molto e sono un’opzione per i pazienti più fragili e a rischio, con un elevata probabilità di danni e morte in caso di chirurgia a cuore aperto. La decisione sul tipo di procedura va presa valutando caso per caso, il consiglio è rivolgersi a centri con un’esperienza ampia che offrano tutti i possibili interventi, così da scegliere quello più adatto a ciascuno. I risultati sono molto buoni, con rischi minimi: anche in caso di chirurgia standard la mortalità post-intervento ormai è inferiore all’1.5%». alle domande dei lettori sulle patologie del cuore su
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