Grasso, l’idea della Sicilia e il problema del Senato
L’ipotesi candidatura, opposizioni pronte a sollevare il caso in Aula
Per Matteo Renzi dev’esser stato duro salire le scale di Palazzo Giustiniani, dove ad attenderlo martedì scorso c’era Pietro Grasso.
al governo dell’«amata Sicilia», che rievoca spesso nei suoi colloqui, parlando dei «gravi problemi che la affliggono» e citando — per risolverli — quella «figura straordinaria che fu Cesare Mori», passato alla storia come il «prefetto di ferro».
Allora l’ex magistrato parve lusingato della proposta e tentato di accettare, al punto da chiedere consigli al presidente della Repubblica, siciliano come lui. Senza più il voto anticipato, il quadro però è radicalmente cambiato. Il punto non è più stabilire il rituale con cui lanciare la candidatura, né avere l’ultima parola sulle liste che lo appoggeranno. Il problema assume dimensioni istituzionali, perché non c’è precedente di un presidente del Senato che lascia il suo scranno per correre alle Regionali. In questi giorni — confermano fonti autorevoli del Pd — sono state riservatamente studiate le possibili procedure, arrivando a ipotizzare le dimissioni di Grasso, che affiderebbe il suo ruolo a un vice.
Ma la carica è delicata, perché la Costituzione gli assegna la funzione di supplenza del capo dello Stato, che non può essere assunta nemmeno dal presidente della Camera. Tanto che — racconta il vicepresidente del Senato Roberto Calderoli — gli inquilini di Palazzo Madama «lasciano di solito in cassaforte il nome del proprio sostituto in caso di decesso». Sarebbe praticabile affidare il ruolo a un vice o — in finale di legislatura — costringere all’elezione di un nuovo presidente quel ramo del Parlamento dove la maggioranza fatica quotidianamente? Prendendo in esame lo stato delle cose, Grasso e Renzi hanno convenuto di prendere tempo. «Le cose si sbroglieranno da sole», ha commentato enigmatico l’inquilino di Palazzo Madama a un maggiorente di Mdp.
In realtà è singolare che il nome del presidente del Senato continui a essere accostato alla competizione per la presidenza della Sicilia, come nulla fosse. Per di più il suo nome è finito nel gioco della politica isolana, che è un continente indecifrabile per chi viene di là dallo Stretto. E siccome per comprendere i siculi bisogna interpretarne i silenzi, vanno decrittate le parole del neo rieletto sindaco di Palermo, che da giorni parla di Grasso, infastidendolo. Forse perché Leoluca Orlando sarebbe infastidito da un candidato che in Sicilia gli farebbe ombra.
Ma la questione principale è il rischio di «vulnus» istituzionale, che si intreccia persino a banali problemi burocratici: Grasso è residente a Roma e verrebbe escluso dalle Regionali, come accadde nel 2012 a Claudio Fava. Certo avrebbe quarantacinque giorni prima del voto per disbrigare la formalità. Ma rischierebbe di esporre la presidenza del Senato alle polemiche, offrendo agli avversari pretesti per la campagna elettorale. E le opposizioni non vedono l’ora di farlo: sebbene in Senato abbiano finora evitato di affrontare il tema, già la prossima settimana c’è chi medita di sollevare la polemica in Aula.