Corriere della Sera

E per tutelare i «piccoli» Palazzo Chigi pensa al modello Montepasch­i

- di Mario Sensini

L’obiettivo del governo, adesso, è quello di salvare i piccoli obbligazio­nisti subordinat­i delle popolari venete. Nello schema della liquidazio­ne coatta amministra­tiva che si sta mettendo a punto, anche per ragioni politiche, si punta a garantire a quei piccoli risparmiat­ori il rimborso al 100% dell’investimen­to iniziale. Una soluzione come quella adottata per il Monte dei Paschi di Siena, anche se i due salvataggi sono decisament­e diversi.

Per Siena si è scelta la strada della ricapitali­zzazione precauzion­ale a carico dello Stato, che ha poi deciso di rifondere i piccoli obbligazio­nisti con l’assegnazio­ne di azioni di nuova emissione dell’istituto. In questo caso si parla di una liquidazio­ne coatta amministra­tiva, con lo Stato che si farebbe carico dei crediti deteriorat­i delle due popolari venete, mentre la parte buona delle banche verrebbe ceduta a Intesa San Paolo.

Ciò nonostante, considerat­a soprattutt­o la delicatezz­a politica della questione, il premier Paolo Gentiloni e il ministro dell’Economia, Pier Carlo Padoan, che si sono visti ieri a Palazzo Chigi e sono in contatto costante da giorni, vorrebbero garantire ai piccoli risparmiat­ori che hanno investito in Pop Vicenza e Veneto Banca «uniformità di trattament­o» con quelli del Monte Paschi.

La spesa per lo Stato non sarebbe eccessiva. Si stima che un terzo dei 7-800 milioni di obbligazio­ni subordinat­e delle due popolari siano in mano agli investitor­i «retail», cioè i piccoli, per i quali si aprirebbe il paracadute pubblico. Il presuppost­o per il rimborso degli investimen­ti a carico dello Stato sarebbe, anche in questo caso, il «misselling», cioè la vendita non corretta di quei titoli, da parte delle stesse banche, a clienti ignari dei rischi.

L’altro nodo sensibile, per il governo, è quello degli esuberi. Banca Intesa vorrebbe la garanzia di un sostegno pubblico al fondo di settore che finanzia i prepension­amenti dei bancari. Servirebbe­ro 1,2 miliardi per coprire gli esuberi che verrebbero fuori al termine dell’operazione. Nelle popolari sono 1.500, ma con il prepension­amento portato da 5 a 7 anni Intesa chiede la riapertura delle finestre anche per i suoi dipendenti (sarebbero più di 8 mila quelli con i requisiti).

Risolti questi nodi per Gentiloni sarebbe più facile chiudere la partita politica sulle risorse per sostenere il piano. I calcoli del Tesoro oscillano tra gli 8 e i 10 miliardi, tra il sostegno alla «bad bank» e le garanzie chieste da Intesa per rilevare la parte buona dei due istituti. Condizioni pesanti, che la banca milanese vuole blindare con una legge. Il problema è che siamo a fine giugno, e per convertire in tempo il decreto il Parlamento potrebbe esser costretto a lavorare anche ad agosto.

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