La scheda
Stefano Rodotà è nato a Cosenza il 30 maggio 1933. Giurista, professore emerito di Diritto civile all’Università «La Sapienza», dopo aver aderito al Partito radicale di Mario Pannunzio, rifiuta nel 1976 e nel 1979 la candidatura con quello di Marco Pannella
Eletto alla Camera come indipendente di sinistra nel 1979, 1983, 1987 è stato presidente del Pds (1991- 1992) e il primo garante per la privacy (1997-2005)
È stato tra gli autori della Carta dei Diritti Fondamentali dell’Unione europea. Si è opposto alla legge sulle intercettazioni dell’ultimo governo Berlusconi e alle riforme costituzionali proposte dal governo Renzi. I 5 Stelle lo candidarono alla presidenza della Repubblica nel 2013
Quando tra gli italiani il computer si chiamava ancora cervello elettronico, gli venne di fatto affidato dal Partito comunista italiano una sorta di mandato non ufficiale a dare la linea in materia. Non aveva la tessera del Pci, era deputato dal 1979 di quella famiglia in parte laica e in parte intransigente per vocazione che aveva il nome di Sinistra indipendente, aveva scritto nel 1973 per «il Mulino» un testo intitolato «Elaboratori elettronici e controllo sociale». Sarà stata metà degli anni Ottanta e fece scattare in alcuni dirigenti di Botteghe Oscure una sorta di riflesso condizionato: sa più di noi sull’argomento, ci dirà se l’informatica pone problemi per la libertà e in quale misura apre nuove strade. Cambierà i meccanismi della democrazia? Votare con schede elettroniche ci esporrebbe più a brogli o a occhiuti grandi fratelli orwelliani?
Talvolta questo atteggiamento di delega, di affidamento della ricerca del pensiero considerato più giusto era riservato dai comunisti, su questioni settoriali, agli intellettuali «rossi ed esperti». Ma Stefano Rodotà, nato a Cosenza, morto ieri a 84 anni, padre
I rapporti
Fu al fianco di Occhetto, critico verso Berlusconi e le riforme proposte da Cossiga
di Maria Laura, confinava con quel mondo senza rientrare in quel genere di intellettuali. È riuscito a essere di sinistra, anche molto di sinistra, senza che la sua personalità pubblica avesse una connotazione «rossa». Aveva avuto trascorsi radicali, è stato espressione di una laicità liberal-democratica intrecciata con elementi di socialismo. Ed è stato forse questo impasto a frenarlo dal rientrare nel classico rigore, e in una certa rigidità, della tradizione comunista.
Giurista in grado di trattare di diritto penale quanto di diritto costituzionale, garantista ai tempi delle leggi antiterrorismo, risoluto fino al puntiglio nel sostenere le proprie tesi politiche e allo stesso tempo reso morbido da un incedere e una voce tutt’altro che aggressivi,