«Addio mamma, piango per me che sono più sola»
Mia mamma è morta. Piango, una sofferenza profonda, un vuoto incolmabile. Ma piango per lei o per me? Tu mamma sei lì, nella tua bara di vetro, serena, intoccabile, non hai dolore, non soffri. Il dolore è dei vivi, il dolore è egoismo. La morte ci presenta la sua faccia, la sua realtà, ci pervade, ci ricorda che non siamo immortali, che un giorno capiterà anche a noi e ci fa paura. Improvvisamente ci rendiamo conto della nostra fragilità, della nostra decadenza, nell’ineluttabilità della vita che diventerà presto non vita. No, non piango per te mamma: ci hai lasciato in silenzio, senza sofferenza, senza aver vissuto l’angoscia della vecchiaia, quella brutta, quando il tuo corpo non risponde più, quando non puoi disporre della tua testa, della tua libertà, della tua indipendenza, quando una malattia ti costringe a letto in balia degli altri, quando da vivo hai la consapevolezza della morte fino quasi a desiderarla. Tu hai vissuto fino all’ultimo giorno autonoma, con programmi per il futuro, nella tua amata casa, piena di musica e amore. No, non hai dovuto sopportare lo strazio dell’attesa impotente della morte: hai vissuto ogni ultimo minuto con la gioia della vita stessa. E sei andata via in punta di piedi: in un attimo la morte si è seduta al tuo fianco e ti ha accompagnata nel mondo degli spiriti. No, non devo piangere per te mamma, tu non soffri più. Ma io sono più sola. Ogni sabato pubblichiamo il ricordo di una persona che ci ha lasciato