Uno stadio, tre vite Osaka è una tribuna sulla riconversione
Da casa del baseball a quartiere residenziale E ora uno shopping center in mezzo al verde
no stadio di baseball, un complesso residenziale abitativo cinto dalle tribune dove prima si assiepavano i tifosi e poi uno dei centri commerciali più trendy dell’intero Giappone. Sono le tre vite vissute sinora dall’Osaka Stadium, uno dei massimi e più curiosi esempi di versatilità costruttive esistenti nella storia dell’architettura mondiale, nonché emblema dell’elasticità mentale del popolo nipponico.
In principio, infatti, il diamante dove i Nankai Hawks, disputavano il massimo campionato nazionale — il baseball, dopo il sumo e prima del calcio è lo sport più amato —, eretto nel 1950 laddove si trovava una manifattura di tabacco andato distrutta dalle bombe sganciate dall’Air Force americana, ospitava 32 mila persone ed era ubicato al centro di Osaka. La cantante Madonna inaugurò il «Who’s That Girl World Tour» trent’anni fa proprio nella casa degli Hawks in quello che fu il suo primo concerto nel Sol Levante, imitata pochi mesi dopo da Michael Jackson che fece registrare tre sold out durante gli altrettanti show che tenne del Bad World Tour.
L’evento vero e proprio, però, si sarebbe verificato negli Gli spalti garantivano quiete alla casette spalti. E il parcheggio era sul diamante anni 90, dopo il trasferimento della squadra nel nuovo stadio di Heiwadai, uno spostamento che indusse le autorità cittadine, sempre ingorde di nuovi spazi, a domandarsi cosa fare dell’area di Naniwa-ku dal perimetro triangolare. Ad aggiudicarsene la proprietà fu una società di costruzione locale che mantenne intatti gli spalti (una barriera contro i rumori dell’intenso traffico esterno); nella punta del diamante tracciò la griglia dei parcheggi riservati alle automobili, mentre al centro del campo fece erigere vere e proprio abitazioni affacciate su tre strade perpendicolari le une alle altre.
Ogni casa privata godeva di una piccola striscia di verde situata davanti alla porta di ingresso. Alcune avevano una scala esterna, altre costavano di due piani, vi erano mansarde abitabili, mentre gli interni erano classici nipponici con le pareti scorrevoli in carta di riso, i letti futon che si arrotolano la mattina, tavolini bassi per la cerimonia del te, il bagno
con la tinozza in cui immergersi per l’idromassaggio. Popolato principalmente nelle ore serali, quando l’infinita giornata di lavoro giapponese giunge al termine, il nuovo quartiere di Naniwa-ku veniva illuminato utilizzando anche il potente impianto del precedente stadio, mentre all’esterno della struttura, laddove si trovavano le biglietterie furono aperti spazi commerciali e bar, fruibili da tutti gli abitanti di Naniwa-ku. Il quartiere dentro lo stadio fu anche utilizzato come master plan edilizio che la compagnia mostrava ai potenziali clienti dei nuovi complessi residenziali in via di costruzione in altre aree di Osaka.
Il destino architettonico dello stadio non si era però ancora compiuto del tutto. Intorno al 2007, infatti, l’esigenza di creare nuovi spazi commerciali e aree verdi, portò all’abbattimento delle gradinate e delle abitazioni ospitate su quello che era il campo di gioco. E fu iniziata la costruzione dello shopping Centre Namba Parks disposto su molteplici terrazze, ciascuna dotata di una piccola zona alberata, comprendente ristoranti, aree ricreative, spazi multimediali. I bambini, oggi, colpiscono ancora la palla con la mazza ma lo fanno nel giardino che cinge tutto intorno il Namba.