Ubi, Bazoli: «Dimostreremo l’infondatezza delle accuse»
«Finalmente potremo esplicitare tutte le difese per dimostrare l’assoluta infondatezza delle accuse davanti a un giudice terzo a cui saranno anche espresse alcune osservazioni sulle modalità con cui è stata condotta questa inchiesta». Così Giovanni Bazoli all’indomani della richiesta della procura di Bergamo di 31 rinvii a giudizio nell’ambito dell’inchiesta sui vertici di Ubi Banca che lo ha visto coinvolto accanto, tra gli altri, a Victor Massiah ed Emilio Zanetti. «Questa inchiesta, che è nata dalla denuncia di un azionista di Ubi che aveva delle mire frustrate sulla banca, dura da più di tre anni perché tanto è durata l’indagine preliminare», ha ricordato Bazoli parlando a margine di una lectio magistralis tenuta ieri all’Università di Bologna, introdotto da Romano Prodi. «Per questi lunghi tre anni l’indagine ha seguito e ferito dolorosamente, oltre a me, una compagine di persone perbene che sono amministratori di Ubi che è una delle migliori e più sane banche del Paese», ha osservato il professore bresciano.
Rispetto alle accuse di ostacolo alla Vigilanza formulate dai pm «io mi sono attenuto al criterio di non replicare sul piano mediatico. E tantomeno di intervenire per rettificare gli oltraggi e le tante grossolane falsità che sono state propalate in questi anni da alcuni giornali scandalistici. Perché tutte le persone che sono informate dei fatti conoscono perfettamente l’integrità e l’assoluta correttezza del mio operato di sempre, non solo, ma anche i servizi che io ho reso al Paese e in particolare al sistema bancario italiano. Sempre, ci tengo a dirlo — ha sottolineato l’artefice della nascita del Nuovo Banco Ambrosiano e padre fondatore di Intesa Sanpaolo — in stretto raccordo con le Autorità bancarie e istituzionali del Paese».
A fronte di questa «non notizia», Bazoli ha richiamato l’attenzione su «una vera notizia». Il primo giudice terzo che si è pronunciato su questa materia è stata la Corte d’appello di Brescia che ha annullato le sanzioni che erano state erogate dalla Consob, «affermando la totale legalità dei comportamenti tenuti dagli amministratori, riconoscendo che tutto è avvenuto nel rispetto del protocollo di intesa, conosciuto dalle Autorità e reso pubblico, che ha dato origine alla fusione tra Banche Popolari Unite e la Banca Lombarda e Piemontese». La Consob, peraltro, aveva inflitto tali sanzioni pur riconoscendo la natura solo colposa delle violazioni degli amministratori.