Corriere della Sera

In mostra a Taormina (da domani al 30 luglio) le fotografie di due testimoni del Novecento Inge Feltrinell­i e Giulio Bollati: immagini per una nuova Italia

- Di Jessica Chia

Dalle macerie di un’Italia abbattuta nel corpo e nell’animo, si alzava, nel secondo dopoguerra, il vagito di una nuova espression­e culturale. Figure significat­ive di questa rinascita, Inge Feltrinell­i (Gottinga, Germania, 1930) e Giulio Bollati (San Pancrazio Parmense, 1924 - Torino, 1996) si muovono in quegli anni come due «architetti» dell’editoria che riprogetta­no un nuovo mondo culturale.

Le loro vite, dedicate alle rispettive case editrici che guidarono per quasi mezzo secolo, sono legate da un’altra passione comune: la fotografia. Ora la mostra L’inchiostro e lo sguardo. Immagini di due testimoni del 900, ospitata al Palazzo dei Duchi di Santo Stefano a Taormina (da domani fino al 30 luglio), raccoglie i loro racconti per immagini. Centinaia di fotografie, scattate da entrambi o che li ritraggono protagonis­ti, narrano l’Italia della rinascita, delle avanguardi­e A sinistra: lo scrittore Giorgio Manganelli (19221990), in una foto di Giulio Bollati a Dogliani (Cuneo) nel 1964. A destra: Inge Feltrinell­i fotografat­a insieme ad Anna Magnani (19081973) nei primi Anni 50 durante le riprese di Suor Letizia

e dei grandi scrittori. L’esposizion­e, curata dalla giornalist­a del «Corriere della Sera» Roberta Scorranese e da Antonella Ferrara, Giuseppe Stagnitta, Nicolaj Pennestri, è allestita in occasione della VII edizione di «Taobuk, Taormina Internatio­nal Book Festival» (da oggi fino a mercoledì 28), che quest’anno è dedicata al tema Padri e figli.

Figli senza padri spirituali, in un’Italia di orfani, Inge e Giulio divennero «guide» di un Paese bisognoso di reinventar­si, mostrando un nuovo coraggio intellettu­ale in un’epoca scissa tra la disillusio­ne e il disperato bisogno di guardare avanti. Orfani di ieri, sono i padri putativi di oggi, in un Paese, questa volta, quasi sterile di figli.

Le vite parallele dei due editori quasi non si incontrano mai, se non alla fine del loro percorso. Il destino di Giulio Bollati, parmense di nascita ma adottato da Torino, lo fa approdare nel 1949 alla casa editrice fondata da Giulio Einaudi nel 1933, all’epoca nel pieno del fermento culturale,

intorno a cui gravitano nomi come quelli di Italo Calvino ed Elio Vittorini. Tedesca di nascita ed emigrata a New York per intraprend­ere una carriera come fotoreport­er a soli 22 anni, Inge Feltrinell­i approda a Milano nel 1960, dove inizia a guidare, insieme al marito Giangiacom­o, la casa editrice che stava iniziando a scoprire bestseller di fama internazio­nale.

Greta Garbo in cappotto scuro ferma a un semaforo di New York; la bellezza «strana e tormentata» di Anna Magnani sul set a Cinecittà, o Giangiacom­o Feltrinell­i seduto sorridente con Fidel Castro, in una complicità rubata sotto il sole a L’Avana, sono alcuni degli scatti che Inge ha sottratto fugacement­e alla vita quotidiana, attraverso i gesti rubati ai protagonis­ti di un’epoca.

Le indagini visive di Bollati,invece, sempre attente e vigili, ci hanno restituito un mondo — soprattutt­o quello che gravitava intorno all’«officina Einaudi» — che indaga con curiosità la vitalità e l’indole dei protagonis­ti, attraverso un’innata capacità narrativa. Carlo Emilio Gadda a Superga negli anni Cinquanta, chino mentre cammina, sfuggente; Natalia Ginzburg, pensierosa, assorta in un lontano giorno del 1978 a Rhêmes-Notre-Dame o, ancora, Giorgio Manganelli, colto mentre esce da una salumeria.

Raccontava con sguardo attento, quasi narrativo lui, mentre coglieva il non detto lei, l’istante giusto, il gesto imprevisto, eredità della sua carriera da fotoreport­er.

Come padri che trasmetton­o un’eredità ai figli, così il loro lascito alla nostra epoca non è solo fatto di idee nuove, di scommesse e piccole rivoluzion­i, ma anche di pezzi provenient­i da un mondo sparito, quello del «secolo breve».

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