L’ANTIPOLITICA VINTAGE DEL PAPÀ DI MONTALBANO
Come direbbe il commissario Montalbano, Andrea Camilleri si è «insitato nell’agro» (nel siciliano artificiale dello scrittore significa inacidirsi, essere di cattivo umore), forse si è semplicemente rotto i cabasisi. Sta di fatto che qualche mattina fa ha ricevuto, a telecamere aperte, un gruppo di studenti del Liceo Empedocle di Agrigento dove si è diplomato e si è abbandonato al più acido pessimismo. Ha persino invitato i ragazzi «a non credere ai Renzi o ai Cinque Stelle» perché
Camilleri Ha parlato ai liceali delineando un mondo di soli luoghi comuni
«sono già cadaveri, già fuori dalla vostra storia e dal vostro avvenire. Teneteli lontani dal vostro avvenire. Fatevelo voi».
Libero di pensarla come meglio crede, ma forse Camilleri, rivolgendosi a giovani studenti, poteva fare qualche sforzo in più e andare oltre i cliché della «politica come sinonimo di disonestà» e della malmostosità. Che so, incoraggiarli, motivarli, spiegare loro qualche segreto della scrittura, della bellezza di creare mondi immaginari. Come quello di Vigata, appunto, dove la dimensione politica è ovattata, affrontata con arguzia. Fin troppo, secondo chi accusa i libri di Camilleri di manierismo, con esiti d’involontaria parodia.
Ma no, l’universo di Camilleri durerà, la sua Vigata senza mafia, sui libri e in tv, sfiderà il tempo perché è invenzione, è lavoro artigianale, è macchina dei sogni, è Catarella.
Nelle sue storie non c’è astio sociale o cultura del No. Leggete Camilleri, ragazzi, non ascoltatelo!