Corriere della Sera

Corbyn rock: è lui la star al festival dei giovani

Tutti pazzi per «Jezza». Il leader laburista britannico acclamato da fan e cantanti all’evento musicale di Glastonbur­y

- Paola De Carolis

Radiohead, Liam Gallagher, Jeremy Corbyn: se serviva la riprova della crescente popolarità del leader laburista tra i giovani, il suo intervento sul palco principale del festival di Glastonbur­y ieri ne ha fornito gli estremi. Maschere, striscioni, folla in estasi: politico e rockstar. L’uomo che sino a pochi mesi fa non aveva l’appoggio del suo gruppo parlamenta­re, oggi ha numeri da Coldplay o Lady Gaga. La Jeremania impazza, sanciscono i media britannici.

«Se lavoriamo insieme è possibile costruire un mondo diverso, dove tutti contano»: il messaggio è semplice e diretto, perfettame­nte in linea con una campagna elettorale imperniata sul motto «per i tanti, non per i pochi», ma non sono le parole l’arma di Corbyn, quanto la passione. Parla a braccio, senza uno sguardo agli appunti, modula la voce, si infervora, prima grida, poi sussurra: spazia dalla difesa dei profughi alla lotta contro il sessismo, l’omofobia e le discrimina­zioni di ogni tipo, dalla tutela dell’ambiente ai diritti dei minori, dall’uguaglianz­a all’importanza di «costruire ponti, non muri» — «un messaggio per Donald Trump» — dalla creatività alla pace come obiettivo per tutti: il pubblico va in tilt.

L’impression­e è di un uomo che, a 68 anni, ha l’energia di un ragazzino perché forte di una filosofia in cui crede e che,

Questione di stile Visto da quel palco è ingiusto ogni confronto con la premier May

per la prima volta, trova un riscontro di massa. Affida, così, il suo pensiero alla scatenata e variopinta banda di Glastonbur­y, un festival dove da sempre musica e politica si sposano allegramen­te.

«La politica è la vita di tutti i giorni, è quello che vogliamo, quello che ci rende ciò che siamo. La politica siamo tutti noi». Non si torna indietro, assicura. «Ci sono domande che dobbiamo porci. È giusto che tante persone non abbiano una casa e dormano per strada? È giusto che, dopo la tragedia della torre Grenfell, tanti abbiano paura di abitare dove abitano? È giusto che ci sia gente che vive nella povertà quando è circondata da tanta ricchezza?». Un pensiero, anche, per i cittadini Ue del Regno Unito e le ansie da Brexit. «È giusto che gli europei che contribuis­cono alla nostra società non sappiano se possono rimanere o meno?».

È perfettame­nte a suo agio sul palco che dopo di lui ha ospitato l’hip hop di Run the Jewels, così come al bar del festival, dove ha servito pinte di birra e incontrato i fan. Su Twitter c’è chi scrive che una presenza di pubblico tale non si vedeva dai tempi dei Rolling Stones, nel 2013. Per Heather Cross, 33enne londinese, «quest’anno sono tutti pazzi per Jezza (soprannome di Corbyn). Ci sono musicisti stranieri che si esibiscono con la sua foto al collo, la sua campagna e la sua rivincita hanno ispirato tutti». A conferma delle credenzial­i da rockstar, il leader laburista ha anche una sua canzone, Ohh, Jeremy Corbyn, eseguita al ritmo di Seven Nation Army dei White Stripes: venti minuti di coro prima del suo arrivo. Un confronto con Theresa May non sarebbe giusto. Non rientrereb­be nello stile della premier comparire a Glastonbur­y, ma è difficile non paragonare la facilità e il calore con i quali Corbyn parla alla sua tribù con la distanza, vera o percepita, del primo ministro. È diverso il credo, è diverso il modo di comunicarl­o.

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