Corriere della Sera

Ich bin ein Berliner

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«Io sono un berlinese», è la famosa frase pronunciat­a in tedesco da John Kennedy nel discorso tenuto davanti al municipio di Berlino Ovest il 26 giugno 1963, due anni dopo la costruzion­e del Muro da soli. E così è andata».

Sa che non ci crede nessuno?

«Lo so, gli italiani sono fatti così».

Sono tutti convinti che i dieci migliori uomini del team fossero vostri.

«Non è vero, e i nomi sono noti. Noi chiarament­e eravamo pronti a intervenir­e, in caso di richiesta. Pensi che ogni giorno ricevevo pressioni dal Pentagono, e mi dicevano: “Il generale è in questo paese del Veneto, in una piccola casa vicino al fiume, al secondo piano di un edificio blu”. Sa chi dava queste informazio­ni al Pentagono? Una chiromante! Capisce? Là dentro c’era qualcuno che cercava informazio­ni in questo modo!».

Tornando al Pci, che in quegli anni cresceva fino a diventare il primo partito alle Europee dell’84. Come veniva sorvegliat­o questo fatto?

«Avevamo dentro l’ambasciata la sezione politica, io ero consiglier­e per gli affari esteri. Eravamo in otto a sorvegliar­e tutta la politica italiana e la crescita del Pci, come le ho detto, era molto Il compromess­o storico 1977, la stretta di mano tra Berlinguer e Moro Il Papa polacco 1987: Giovanni Paolo II con il leader di Solidarnos­c Lech Walesa Il generale Nato 1982: Dozier, rapito dalle Br, con Pertini dopo la liberazion­e monitorata, ma non la ritenevamo veramente pericolosa; era un comunismo di facciata: pensi che Rabb era un buon amico del sindaco comunista di Roma Luigi Petroselli, e cenavano spesso insieme».

Erano anche gli anni del Papa polacco, come veniva seguito?

«Lui era considerat­o un Papa politico, che lavorava prima di tutto per il partito di Solidarnos­c, quindi c’era un tremenda attenzione, e dentro al Vaticano c’era un ambasciato­re che aveva un rapporto diretto con il Dipartimen­to di Stato. Quello che so è che il numero due della Cia veniva a Roma regolarmen­te, tre volte l’anno, per incontrare il Papa e consegnarg­li direttamen­te i rapporti che erano importanti per lui. Erano visite segrete che nessuno doveva conoscere».

Quindi lo avete supportato?

«Certamente! Tutto quello che il Papa ha chiesto, noi glielo abbiamo dato».

Mentre iniziava lo sgretolame­nto dell’Unione Sovietica, in Italia al governo c’era Craxi, che a voi non piaceva tanto perché strizzava l’occhio al mondo arabo. La crisi di Sigonella è stato un episodio casuale o il frutto di una tensione in Medio Oriente che stava via via crescendo?

Wojtyla era considerat­o un papa politico: il numero due della Cia veniva tre volte l’anno per consegnarg­li i rapporti importanti Berlinguer? Per me era importante che andasse in Chiesa e facesse battezzare i bambini. Ed era favorevole alla partecipaz­io ne italiana alla Nato...

«È una buona domanda, ma Sigonella era fuori dal mio perimetro. Io però ero d’accordo con Craxi: penso che abbia fatto bene a non ammettere interferen­ze sul sequestro dell’Achille Lauro e a difendere il principio di sovranità. Cosa pensavano a Washington… non so».

Invece dei servizi segreti italiani cosa pensavate, che erano deviati, o rispondeva­no a un gioco solo?

«Noi pensavamo che fossero completame­nte disorganiz­zati: il ministero dell’Interno controllav­a una parte, quello della Difesa un’altra, la presidenza del Consiglio una terza, e ognuno andava per conto proprio. Ma all’epoca anche il capo della Cia non parlava con il capo dell’Fbi. Immagina cosa significhi questo?».

È opinione diffusa che con la Francia e Germania concordiat­e le politiche, mentre con l’Italia non negoziate nulla. Insomma, non ci prendete sul serio?

«Siete voi i primi a non prendere sul serio il vostro governo! Siete convinti che solo chi è capace di far spettacolo possa essere eletto e rieletto. Berlusconi ha fatto show business per 15 anni! Certo, con Trump oggi a noi succede la stessa cosa».

Sembra che gli Usa preferisca­no un’Europa disgregata, e non forte e unita.

«Non è vero, per me la Brexit è un disastro, e se ognuno tornerà con la propria moneta sarà una storia tragica! Certamente Trump non farà nulla per evitare questa frammentaz­ione».

C’è la convinzion­e che farà qualcosa per frammentar­la…

Convinsi l’ambasciato­re Usa a Roma Maxwell Rabb che il generale Dozier dovevano trovarlo gli italiani, da soli. E così è andata

«Non lo so; l’unica cosa buona di Trump è che, al contrario di tutti i politici e di tutti noi che abbiamo lavorato per la politica, è capace di cambiare prospettiv­a in un secondo. Può fare cose completame­nte diverse da quelle promesse in campagna elettorale. Però, se riescono a fare l’impeachmen­t, il giorno stesso diventerà presidente il suo vice, Mike Pence, che è molto peggio! Lui è un uomo di estrema destra e resterà fedele alle posizioni di estrema destra!».

Quindi dobbiamo augurarci che Trump resista?

«La risposta è sì, perché sappiamo già che Trump perderà le lezioni intermedie, quindi ci sarà un Parlamento per metà democratic­o e per metà di estrema destra, dunque un Senato bloccato fino alle prossime elezioni. Poi verrà sicurament­e eletto un democratic­o».

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