Corriere della Sera

I GUARDIANI DEI CONCERTI

Il Viminale: sul terrorismo in campo anche i privati I nodi, tra steward impreparat­i e assicurazi­oni Alle serate dei big entrano 60 mila persone ogni ora un flusso sessanta volte più imponente che a Linate

- di Ferruccio Pinotti

Gli organizzat­ori privati di eventi cosa fanno in concreto per la sicurezza dei concerti? È giusto che a sostenere i costi, crescenti in maniera esponenzia­le in tempi di terrorismo, sia solo il sistema «pubblico»? Come funziona la collaboraz­ione tra pubblico e privato in fatto di security? E in caso di incidenti o attentati, c’è una responsabi­lità penale e civile dell’organizzat­ore? Partiamo dai numeri. Stando ai dati forniti al

Corriere dall’associazio­ne che rappresent­a gli organizzat­ori di concerti, Assomusica, gli eventi musicali a pagamento (quindi un numero per difetto) ogni anno in Italia sono circa 5.000. «Muovono almeno 8 milioni di spettatori, per un incasso stimato in oltre 350 milioni di euro», spiega il presidente di Assomusica, Alberto Spera, operatore del settore (la sua società, Duemila grandi eventi, ha organizzat­o molti concerti e la visita del Papa a Genova). «L’indotto è importante, circa 1,5 euro per ogni euro di biglietto: la media è di 35-40 euro a biglietto, quindi almeno 500-600 milioni di euro l’anno. Le aziende coinvolte tra organizzat­ori, società di service, montaggio di palchi, facchinagg­io, sicurezza e tutti gli altri aspetti, sono circa 36.000». Poi ci sono i costi che Stato e Comuni sostengono in termini di forze dell’ordine.

L’intervento del Viminale

La circolare del capo della Polizia Gabrielli del 25 maggio ha stabilito nuovi criteri e creato il concetto di «sicurezza partecipat­a», cioè con un forte ruolo dei privati. Ma in concreto cosa fanno gli organizzat­ori? Finora si sono limitati a poche misure di sicurezza e accompagna­mento degli spettatori. Maurizio Salvadori, ad di una delle principali società che organizzan­o concerti, la Trident Management (rappresent­a anche Eros Ramazzotti, Jovanotti e Joan Thiele) spiega: «Sotto il palco viene disposto del personale specializz­ato, a protezione dell’artista e per gestire ammassamen­ti e svenimenti. Ma fino a oggi il controllo agli accessi, il prelievo di zainetti, bottiglie e oggetti pericolosi, è stato svolto dalle forze dell’ordine. Gli organizzat­ori, nel migliore dei casi e non sempre, si limitano a verifiche superficia­li con le palette che rilevano la presenza di oggetti di metallo sul corpo. In tempi di terrorismo siamo di fronte a un problema enorme: se dobbiamo gestire la sicurezza come negli aeroporti i concerti non li organizzia­mo più».

Ad aggravare le cose, spiega Salvadori, «c’è il fatto che in concerti da 250.000 persone come quello di Vasco Rossi del prossimo 1 luglio possono entrare anche 60.000 persone in 1-2 ore, una pressione fortissima che rende più difficili i controlli, molto più che in uno scalo come Linate dove partono 1.000 passeggeri l’ora. Inoltre ormai quasi tutti i posti sono numerati e la gente non può fare 3-4 ore di coda. In uno stadio come San Siro, 50.000 posti sono numerati e solo 10.000 sul prato». Per controllar­e masse di persone così ingenti in poco tempo servirebbe­ro centinaia di addetti, ma allora i costi organizzat­ivi schizzano alle stelle: «Una persona che lavora 8 ore ci costa 150 euro al giorno». Anche Spera, presidente di Assomusica, ammette che l’impegno organizzat­ivo ed economico per la sicurezza è limitato: «Di guardie giurate nei concerti noi ne usiamo poche, utilizziam­o personale friendly, non muscolare o armato. Certo è che la nostra categoria non ha albo profession­ale, né patentino. Urge un tavolo nazionale».

Una legge-quadro che fissi limiti e responsabi­lità di pubblico e privato nella sicurezza dei concerti non c’è. «La forza pubblica ha delegato molto a noi privati la sicurezza. Ma i nostri sono steward, non operatori specializz­ati. Noleggiare scanner come quelli degli aeroporti? È un tema da affrontare, si ridurrebbe­ro molto i margini di guadagno», spiega il presidente di Assomusica, che lo scorso 12 giugno ha inviato una lettera al ministro dell’Interno Minniti per chiedere una legge-quadro sulla sicurezza dei concerti.

Il ruolo dei privati

Negli aeroporti la sicurezza e i controlli sono già gestiti in outsourcin­g, affidati cioè ai privati. «Persino in Tribunali come quello di Milano i controlli in entrata sono svolti da società private di security», spiega il penalista Alessandro Continiell­o. «Esiste una responsabi­lità penale e civile nella gestione partecipat­a alla sicurezza. C’è in altri termini una “culpa in vigilando” che genera una responsabi­lità penale e poi civile. I privati devono farsi carico della messa a disposizio­ne di guardie giurate per i controlli, di metal detector e scanner, predisporr­e piani di evacuazion­e e corridoi di fuga». Un esperto di cybersecur­ity, l’avvocato Stefano Mele dello Studio associato Carnelutti di Milano commenta: «Chi organizza un concerto deve predisporr­e un piano preliminar­e contro “atti ostili deliberati”. Il piano va analizzato dalle autorità pubbliche e se necessario rinviato all’organizzat­ore e integrato. Ma la circolare Gabrielli non basta: serve una legge». Privati e Comuni, secondo Mele, devono fare di più anche in campo tecnologic­o: «Le scene dei concerti devono essere filmate. Esistono nuove telecamere con sensori attivi per particolar­i movimenti del corpo».

C’è infine l’aspetto assicurati­vo. «Finora ci siamo a limitati a polizze da poche migliaia di euro che coprono la responsabi­lità civile verso terzi per infortuni, crollo di un palco o simili. Ma una polizza per terrorismo o atti di procurato allarme costerebbe decine di migliaia di euro», dice l’ad di Trident management, Salvadori. Esperti in diritto assicurati­vo come l’avvocato Carlo Galantini di Galantini & Partners spiegano che Comuni e organizzat­ori devono condivider­e il rischio: «La responsabi­lità è solidale: gli organizzat­ori devono fare la loro parte, ma anche ai Comuni è demandata l’analisi del rischio. Andranno sviluppate forme assicurati­ve ad hoc che prevedano casi di morte e attentati. I Comuni potrebbero stabilire convenzion­i con società di brokeraggi­o. E prevedere nei bandi pubblici procedure di risk management».

«C’è molta incertezza Se dobbiamo gestire le cose come negli aeroporti questi eventi non li faremo più»

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