Corriere della Sera

DIFESA UE, UN’OPPORTUNIT­À CHE DOBBIAMO SAPER COGLIERE

Scelte strategich­e Per l’Italia partecipar­e alle iniziative comuni richiederà un nuovo slancio di tutti i soggetti coinvolti, sia nel settore industrial­e sia nelle Forze armate

- Di Roberta Pinotti

L’Europa della difesa si è messa finalmente in marcia. C’erano state molte false partenze, negli anni passati. Tante volte era sembrato che l’Europa volesse finalmente attraversa­re quella parete di cristallo che lasciava chiarament­e vedere le grandi opportunit­à insite in una vera difesa comune, senza però lasciarle cogliere, e tante volte questo deciso passo in avanti non si era poi concretizz­ato.

Una pluralità di ragioni avevano bloccato questo progresso, e nessuno in Europa può dirsi realmente incolpevol­e rispetto allo stallo degli ultimi anni. Certo, i Paesi dell’Unione hanno cooperato fra loro, a tratti anche in maniera piuttosto stretta, come nel caso dell’Operazione «Sophia» per la gestione della crisi dei migranti nel Mediterran­eo. È chiaro, però, che bisogna fare molto di più. L’Europa non è più, purtroppo, «così prospera, libera e sicura», come affermava Javier Solana nel 2003.

Alcune minacce, prima solo teorizzate, sono ora drammatica­mente concrete: il terrorismo trans-nazionale ha raggiunto le nostre città e colpito la nostra popolazion­e. Altri rischi, in apparenza meno tangibili, si distinguon­o però con nitidezza: gli attacchi cibernetic­i sono per ora rimasti confinati negli effetti e nella durata ma i danni potenziali per una collettivi­tà che affida tutti i suoi servizi essenziali alla rete sono comunque enormi.

Anche la sicurezza militare è tornata ad essere cruciale, in particolar­e per alcuni Paesi che, per posizione geografica, sono direttamen­te esposti alle crisi di questi ultimi anni. Non è vero che siamo soli; non è vero che dobbiamo contare solo sulle nostre forze. Il rapporto transatlan­tico, che lega la sicurezza dell’Europa con quella del Nord America, resta forte e vitale, per tutte e due le sponde dell’Oceano. Tuttavia, è indubbio che tale rapporto debba essere riequilibr­ato in termini di risorse e l’Europa debba

fare di più; non perché ce lo chiede l’alleato d’oltreocean­o ma perché è la nostra sicurezza ad essere in gioco.

Queste nuove priorità si sono progressiv­amente affermate, negli ultimi mesi, e nessuno è più a disagio, a Bruxelles, quando si ragiona di tecnologie militari e degli investimen­ti che l’Unione deve avviare per poterle sviluppare. E molti, nelle capitali europee, discutono concretame­nte di progetti comuni capaci di superare le gelosie nazionali, sempre presenti in settori così delicati, per evitare duplicazio­ni ed ottenere il meglio da quanto spendiamo.

Anche l’economia aiuta: la ripresa si consolida e l’occupazion­e migliora, e questo contribuis­ce non poco a riportare più equilibrio nelle agende dei nostri Governi, dove i temi economici e la gestione degli effetti dell’austerità erano di necessità prevalenti.

È in questo nuovo scenario che è maturata, infine, la decisione della Commission­e europea di lanciare il «Fondo europeo per la difesa». Si tratta di risorse concrete: a partire dal 2020 l’Unione Europea potrà mettere in campo ogni anno cinquecent­o milioni di euro

per finanziare progetti di ricerca comuni per lo sviluppo di tecnologie avanzate nel settore della difesa e della sicurezza, più un miliardo di euro l’anno per co-finanziare l’acquisizio­ne di capacità operative vere e proprie.

Forse è solo l’inizio e l’Europa della difesa potrà crescere ancora, ma già così il Fondo eleverà di fatto — e per la prima volta — l’Unione Europea ad attore protagonis­ta nello sviluppo della base industrial­e e tecnologic­a di interesse della difesa. Per l’Italia, partecipar­e ai progetti comuni, finanziati anche da queste risorse euro- pee, richiederà un nuovo slancio da parte di tutti i soggetti coinvolti, sia nel settore industrial­e sia nelle Forze armate.

Al tempo stesso, sarà fondamenta­le restare nel gruppo di testa che, a livello politico, da sempre opera per una più forte integrazio­ne delle scelte nazionali in un comune alveo europeo. Non possiamo immaginare di rimanere fuori dalle scelte fondamenta­li, proprio ora che l’obiettivo di una forte dimensione europea della difesa sembra più vicino che mai. Tuttavia, non sarà automatico e neppure facile conseguire questi obiettivi. La tempestivi­tà dei processi decisional­i, a tutti i livelli, dovrà essere seguita dall’efficienza dei percorsi burocratic­i e amministra­tivi, per valorizzar­e la competitiv­ità della nostra industria.

Dobbiamo riuscire a cogliere la grande opportunit­à che ci si presenta, cioè un vero cambio di passo nel processo di integrazio­ne europea in materia di difesa, partecipan­do a pieno titolo alle scelte strategich­e. Dobbiamo continuare ad aggiornare il nostro sistema di difesa — il disegno di legge per l’attuazione del Libro Bianco è in Parlamento — mantenendo­lo allineato, in termini di organizzaz­ione e procedure di funzioname­nto, con i migliori modelli europei. E dobbiamo continuare ad investire in innovazion­e e conoscenza, per mantenere il nostro settore produttivo al passo con chi, concorrent­e o futuro partner, opera con successo negli altri grandi Paesi europei.

Ministro della Difesa

Risorse Con il «fondo europeo» si destineran­no ogni anno 500 milioni di euro per finanziare progetti Integrazio­ne Dobbiamo restare nel gruppo di testa e partecipar­e alle decisioni fondamenta­li

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