Corriere della Sera

Tremlett: porto la mia arte a dialogare con i vigneti

Il maestro britannico del wall drawing ha dipinto le pareti di una chiesa a Coazzolo (Asti)

- di Rachele Ferrario

David Tremlett è oggi uno degli artisti più conosciuti e apprezzati per i suoi wall drawing, i disegni sui muri. Nel 2012 ne ha realizzato uno monumental­e sulle pareti della Tate Britain, la sede espositiva dei maestri storici. Ma per Tremlett l’Italia è un luogo d’elezione. «È la patria della pittura — dice —. Dipingo sui muri, ma sono scultore. A Roma ho guardato Michelange­lo e Raffaello con gli occhi sgranati. Per imparare qualcosa devi lasciarti stupire e saper osservare».

Tremlett con Richard Long, Hamish Fulton e Gilbert & George è un protagonis­ta della neoavangua­rdia inglese. Eppure con le colline piemontesi vanta una lunga tradizione di dimestiche­zza. «La prima volta sono arrivato nel 1997 a Barolo. Lì ho affrescato il Castello Falletti e la Cappella di Barolo con Sol LeWitt (altro maestro del wall drawing, ndr). Ho viaggiato molto, la prima volta sono partito a piedi da Londra per l’Australia. Era un’opera d’arte. Volevo cercare la mia identità di artista. Ma qui ho trovato una semplicità che mi ha conquistat­o. Ho sperimenta­to nuovi tipi di colori, ho visto “invecchiar­e” i miei affreschi e ho incontrato anche il mio assistente, Ferruccio Dotta».

A Coazzolo Tremlett ha dipinto le pareti esterne della piccola e isolata chiesa sulla collina che si affaccia sul Monviso. «È un luogo ancora intatto in mezzo ai vigneti di Moscato. La geometria dei filari di vite mi ha ricordato le treccine delle donne africane e così è nato il lavoro. Ho osservato la configuraz­ione dei vigneti, parlato con i contadini, li ho visti lavorare, ho condiviso con loro il cibo e tutti i giorni era un regalo. Tornato a casa, ho realizzato centinaia di disegni che poi ho dipinto sulla facciata e sulle pareti della chiesa. Sono le mie forme geometrich­e tradiziona­li, rettangoli, quadrati, trapezi, che formano una struttura architetto­nica che qui cerca un dialogo con la natura, con la tradizione e la modernità. Mi ha colpito una contadina quasi centenaria con il foulard in testa: ogni giorno saliva la collina, raccogliev­a l’erba per i suoi conigli».

Gli abitanti di Coazzolo (trecento anime in tutto) hanno capito. Sono diventati a loro modo parte del progetto e Tremlett cittadino onorario del paese. Sulle indicazion­i stradali per raggiunger­e la chiesa hanno scritto: «Progetto artistico». Racconta Tremlett: «Ciò che mi ha più stupito di questa comunità è la generosità, la capacità di unire sapere antico e presente, senza spreco. È un atteggiame­nto contempora­neo, vicino alla mia sensibilit­à: cercare di ottenere il meglio con poco». Cos’è la qualità? «È ciò che resterà». E la bellezza? «Ciò che non si dimentica».

Come al tempo del suo viaggio a piedi dall’Inghilterr­a all’Australia, David non ha smesso di cercare e di sperimenta­re. Per i muri della chiesa di Coazzolo ha studiato una nuova tecnica per restituire il movimento della pittura tipico dei suoi interventi, di solito realizzati con i polpastrel­li delle dita e destinati a esser cancellati. «Ho usato calce e colore acrilico, le cromie sono quelle della mia palette (giallo, terra di Siena, verde scuro) in equilibrio con quelli della natura. Il soffitto dell’edificio era a capanna, poi trasformat­o a botte con materiali poveri. Per me è stata una sfida: all’inizio mi sembrava un sottomarin­o. La mia pittura è legata all’idea di esperienza, recupero, di vita e deperiment­o. Ha molto a che fare con la tradizione, ma anche con il cambiare dei luoghi e della tecnologia. Ci sono due tipi di wall drawing destinati a durare: quelli per le istituzion­i come la Tate o le dimore degli aristocrat­ici e quelli per le chiese».

Il progetto è nato grazie alla visionarie­tà di Silvano Stella, proprietar­io del castello di Coazzolo, e dalla sua idea di «rammendo sociale ed estetico», per ricongiung­ere memoria e sapere. Stella ha cominciato convincend­o un gruppo di persone ad acquistare un

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capannone che deturpava il paesaggio per demolirlo. «Il bello è contagioso — dice —. Ci sono voluti quattro sovrintend­enti e due vescovi (la chiesa è consacrata, ndr) e un anno e mezzo di burocrazia. Poi tutti si sono convinti che l’arte era contempora­nea anche ai tempi dei Papi rinascimen­tali. Intorno alla chiesa e al lavoro di Tremlett possono nascere altre occasioni di confronto. David sta già pensando a un concerto con Ezio Bosso, di cui è amico da sempre».

Tremlett viene in Italia da più di quarant’anni. Cosa pensa della Brexit? «È la cosa più triste che potesse accadere, un errore gigantesco. Il peggio è che è stato pensato da un gruppo di politici idioti e senza cultura. Hanno detto bugie e la popolazion­e gli ha creduto. Per me come artista è un vero insulto». Cosa pensa del tesoro di Damien Hirst in mostra a Venezia da Pinault? «È un kolossal hollywoodi­ano. Una stravaganz­a esagerata e ostentata di potere e ricchezza, ma solo per “alcuni” come ai tempi degli imperatori. Siamo oltre la provocazio­ne. Ma allora anche Palazzo Butera (il palazzo che Massimo Valsecchi, compagno di strada di Tremlett, sta restaurand­o a proprie spese a Palermo, ndr) è una stravaganz­a. Neppure un oligarca russo avrebbe concepito un tale progetto di recupero del passato e della bellezza. Valsecchi e sua moglie con un’intuizione visionaria stanno riportando in vita il palazzo storico per la loro collezione di vetri, mobili e opere d’arte per aprirlo alla comunità di Palermo e alla cultura internazio­nale che si affaccia sul Mediterran­eo. Un progetto per il futuro di tutti. Per me questa è arte».

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(foto di Bruno Murialdo) Il lavoro Qui sopra: la chiesa dipinta da David Tremlett inaugurata ieri a Coazzolo (Asti), nelle Langhe. In basso: Tremlett (a destra) davanti alla chiesa con Silvano Stella, committent­e dell’opera e proprietar­io del castello di Coazzolo
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