«Il presidente ora è più forte all’interno ma la sua leadership resta confusa»
Bremmer: difficile trovare i numeri in Senato su Obamacare o gestire il caso Russia
«Per Donald Trump è una vittoria. Non c’è dubbio. Servirà per rafforzare il suo rapporto con la base elettorale, ma non per risolvere i suoi problemi politici». Ian Bremmer, 47 anni, fondatore e presidente del centro studi Eurasia group, con sede principale a New York, analizza le conseguenze «della prima rivincita» colta dal presidente, dopo cinque mesi di mandato.
Torna il «bando», sia pure parziale, nei confronti dei viaggiatori provenienti da sei Paesi musulmani. Quanto peserà la decisione della Corte suprema sulla politica americana? «Per Trump è una vittoria
chiara e significativa. A gennaio aveva esordito con un gravissimo imbarazzo, quando i tribunali avevano respinto la prima versione del bando. Ora la Corte suprema ne accoglie una parte significativa e ha deciso di discutere più avanti l’intera materia. La Casa Bianca potrà dire che la sua elaborazione giuridica era giusta». Trump si rafforza politicamente, dunque…
«Sicuramente potrà vendere questa decisione della Corte alla sua base elettorale come la conferma che la politica America First è non solo necessaria, ma anche legittima. Dopodiché tutti gli altri suoi problemi restano intatti. Rimane il presidente che ha creato la situazione
più confusa e instabile degli ultimi decenni».
Nessuna spinta per convincere i senatori recalcitranti a votare la riforma sanitaria per esempio?
«No. Stiamo parlando di partite separate. Trump continuerà ad avere problemi: farà fatica a raggiungere la maggioranza in Senato necessaria per cambiare l’Obamacare; si troverà in grande difficoltà per i suoi rapporti con la Russia».
Però ha pagato la mossa di nominare il giudice Neil Gorsuch, un conservatore che ha spostato gli equilibri della Corte suprema… «Certo. È stata la cosa di gran lunga più importante, dal suo punto di vista, che abbia fatto finora. Gorsuch è un giurista solido e anche se non è un conservatore come Antonin Scalia, di cui ha preso il posto, sta già dimostrando di poter condizionare le decisioni della Corte. Ora sono 5 conservatori e 4 progressisti. Se poi si ritirerà il moderato Anthony Kennedy, la Corte potrebbe diventare una sponda fondamentale per la politica di Trump». Non è strano che la Corte abbia deciso di esaminare le sentenze dei tribunali contrarie al bando solo il prossimo ottobre?
«Non so, in effetti i tempi sono lunghi. Ma non ci vedo dietro una qualche manovra dilatoria. La Corte suprema affronterà i temi giuridici di fondo collegati al bando. Primo: fino a dove si possono spingere i poteri del presidente. Secondo: se non sia stato violato il principio di uguaglianza tra le religioni. Sono cause complesse da istruire e la Corte, in ogni caso, è sommersa da ricorsi di ogni tipo».
Quale sarà l’impatto del «muslim ban» sulla società americana?
«Non penso proprio che il bando servirà a sradicare la minaccia terroristica. In compenso avrà pessime ricadute su diversi settori: il turismo, le università e le imprese più innovative che perderanno molti talenti. Quindi vittoria politica indiscutibile per un provvedimento di per sé scadente».
Trump ha firmato il primo bando alla fine di gennaio. Da allora il quadro politico internazionale è un po’ cambiato. Il presidente è stato accolto con grandi onori in Arabia Saudita. Ora non c’è il rischio di nuove incomprensioni con il mondo arabo-musulmano?
«Non credo nel breve periodo. Trump userà questa misura soprattutto in chiave interna. Però è chiaro che a lungo andare potrebbero verificarsi incidenti alla frontiera. Qualche notabile, qualche principe delle monarchie musulmane potrebbe essere fermato e magari detenuto per qualche giorno. Dipende da come verrà applicato concretamente il blocco. Del resto i sauditi hanno ignorato tutta la propaganda anti musulmana di Trump e sono stati molto contenti di riceverlo e di concludere affari con lui».
Legittimità La sentenza apparirà come la conferma della legittimità della politica «America First» Il mondo arabo Non vedo il rischio di nuove tensioni con il mondo arabo. I sauditi hanno ignorato la propaganda anti islamica di Trump e hanno fatto affari con lui