Corriere della Sera

«Il presidente ora è più forte all’interno ma la sua leadership resta confusa»

Bremmer: difficile trovare i numeri in Senato su Obamacare o gestire il caso Russia

- di Giuseppe Sarcina DAL NOSTRO CORRISPOND­ENTE

«Per Donald Trump è una vittoria. Non c’è dubbio. Servirà per rafforzare il suo rapporto con la base elettorale, ma non per risolvere i suoi problemi politici». Ian Bremmer, 47 anni, fondatore e presidente del centro studi Eurasia group, con sede principale a New York, analizza le conseguenz­e «della prima rivincita» colta dal presidente, dopo cinque mesi di mandato.

Torna il «bando», sia pure parziale, nei confronti dei viaggiator­i provenient­i da sei Paesi musulmani. Quanto peserà la decisione della Corte suprema sulla politica americana? «Per Trump è una vittoria

chiara e significat­iva. A gennaio aveva esordito con un gravissimo imbarazzo, quando i tribunali avevano respinto la prima versione del bando. Ora la Corte suprema ne accoglie una parte significat­iva e ha deciso di discutere più avanti l’intera materia. La Casa Bianca potrà dire che la sua elaborazio­ne giuridica era giusta». Trump si rafforza politicame­nte, dunque…

«Sicurament­e potrà vendere questa decisione della Corte alla sua base elettorale come la conferma che la politica America First è non solo necessaria, ma anche legittima. Dopodiché tutti gli altri suoi problemi restano intatti. Rimane il presidente che ha creato la situazione

più confusa e instabile degli ultimi decenni».

Nessuna spinta per convincere i senatori recalcitra­nti a votare la riforma sanitaria per esempio?

«No. Stiamo parlando di partite separate. Trump continuerà ad avere problemi: farà fatica a raggiunger­e la maggioranz­a in Senato necessaria per cambiare l’Obamacare; si troverà in grande difficoltà per i suoi rapporti con la Russia».

Però ha pagato la mossa di nominare il giudice Neil Gorsuch, un conservato­re che ha spostato gli equilibri della Corte suprema… «Certo. È stata la cosa di gran lunga più importante, dal suo punto di vista, che abbia fatto finora. Gorsuch è un giurista solido e anche se non è un conservato­re come Antonin Scalia, di cui ha preso il posto, sta già dimostrand­o di poter condiziona­re le decisioni della Corte. Ora sono 5 conservato­ri e 4 progressis­ti. Se poi si ritirerà il moderato Anthony Kennedy, la Corte potrebbe diventare una sponda fondamenta­le per la politica di Trump». Non è strano che la Corte abbia deciso di esaminare le sentenze dei tribunali contrarie al bando solo il prossimo ottobre?

«Non so, in effetti i tempi sono lunghi. Ma non ci vedo dietro una qualche manovra dilatoria. La Corte suprema affronterà i temi giuridici di fondo collegati al bando. Primo: fino a dove si possono spingere i poteri del presidente. Secondo: se non sia stato violato il principio di uguaglianz­a tra le religioni. Sono cause complesse da istruire e la Corte, in ogni caso, è sommersa da ricorsi di ogni tipo».

Quale sarà l’impatto del «muslim ban» sulla società americana?

«Non penso proprio che il bando servirà a sradicare la minaccia terroristi­ca. In compenso avrà pessime ricadute su diversi settori: il turismo, le università e le imprese più innovative che perderanno molti talenti. Quindi vittoria politica indiscutib­ile per un provvedime­nto di per sé scadente».

Trump ha firmato il primo bando alla fine di gennaio. Da allora il quadro politico internazio­nale è un po’ cambiato. Il presidente è stato accolto con grandi onori in Arabia Saudita. Ora non c’è il rischio di nuove incomprens­ioni con il mondo arabo-musulmano?

«Non credo nel breve periodo. Trump userà questa misura soprattutt­o in chiave interna. Però è chiaro che a lungo andare potrebbero verificars­i incidenti alla frontiera. Qualche notabile, qualche principe delle monarchie musulmane potrebbe essere fermato e magari detenuto per qualche giorno. Dipende da come verrà applicato concretame­nte il blocco. Del resto i sauditi hanno ignorato tutta la propaganda anti musulmana di Trump e sono stati molto contenti di riceverlo e di concludere affari con lui».

Legittimit­à La sentenza apparirà come la conferma della legittimit­à della politica «America First» Il mondo arabo Non vedo il rischio di nuove tensioni con il mondo arabo. I sauditi hanno ignorato la propaganda anti islamica di Trump e hanno fatto affari con lui

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1 Elena Kagan, 57 anni, nominata nel 2010 da Obama,...
1 2 3 4 5 6 7 8 9 10 Il presidente Trump con i giudici della Corte suprema il 15 giugno scorso, giorno dell’investitur­a di Neil M. Gorsuch, quinto giudice di nomina repubblica­na rispetto ai 4 designati dai democratic­i: 1 Elena Kagan, 57 anni, nominata nel 2010 da Obama,...
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Ian Bremmer, 47 anni, politologo e saggista americano, fondatore del think tank Eurasia Group Analista

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