Corriere della Sera

I segnali contraddit­tori dell’Islam contempora­neo

L’intervento Non basta sconfigger­e l’Isis per debellare il jihadismo, bisogna allearsi nel nome della libertà e della verità con chi ha un’etica della responsabi­lità

- Di Angelo Scola

Pubblichia­mo l’intervento del cardinale Angelo Scola rivolto al Comitato scientific­o della Fondazione Oasis. Al tema dell’Islam è dedicato il nuovo numero della rivista

Oasis (Marsilio).

Oltre Isis. Non dopo Isis. Il fenomeno del jihadismo non scomparirà neppure nel momento in cui venisse meno la sua dimensione territoria­le in Siria e Iraq. Non va dimenticat­o che vi sono altre aree di crisi, come la Libia, in cui le formazioni jihadiste «persistono e si estendono», per citare un loro slogan. L’oltre va dunque preso in senso concettual­e, come un gettare lo sguardo al di là del fenomeno del jihadismo, per individuar­e i cambiament­i struttural­i e di paradigma che esso ha indotto nel mondo musulmano e nell’Occidente, sempre più reciprocam­ente implicati.

Vorrei, a questo proposito, concentrar­mi su due fenomeni: da un lato la crescente istituzion­alizzazion­e dell’Islam, per poter definire chi parla per i musulmani; dall’altro un inedito dibattito su che cos’è l’Islam, stimolato anch’esso dalle efferate azioni dei gruppi jihadisti che, come sappiamo bene, si richiamano e utilizzano una simbologia e un lessico religioso islamico. Questo dibattito propone, a mio avviso, il tema della libertà, come spero di riuscire a suggerire, con un’urgenza inedita.

Non ho la pretesa di approfondi­re questi delicati temi, che richiedono una conoscenza specialist­ica dell’Islam. Sono però contento di constatare che sempre più numerosi autori musulmani, di fede o di cultura, interloqui­scono con Fondazione Oasis, certi che il metodo adottato — una volta l’ho riassunto nella formula «parlare con i musulmani, non sui musulmani» — sia l’unico in grado di leggere veramente la complessa situazione dell’Islam contempora­neo, decifrando i contraddit­tori segnali che esso lancia.

Sappiamo bene però che la frase di Kipling «East is East and West is West and never the twain shall meet» non ha oggi alcun significat­o, se mai ne ha avuto in passato. E così, inevitabil­mente, il mio sguardo si sposta verso l’Occidente, a partire dall’esperienza di questi anni a Milano, una città che sta soltanto ora prendendo coscienza di essere metropoli. Nel mio ultimo libro, Postcristi­anesimo, Prospettiv­a Vanno risolti gli effetti di un liberismo che soffoca le società europee e alimenta problemi

ho cercato di proporre alcune riflession­i, che stanno sotto il duplice segno del malessere e della speranza. Un malessere che, per singolare coincidenz­a con quanto sta avvenendo nel mondo islamico, è legato in larga misura proprio alla libertà, o meglio a una concezione ridotta della libertà, intesa come assenza di vincoli, struttural­mente opposta a un’autorità vissuta sempre come oppressiva.

La cifra dominante del nostro tempo sembra essere quella di Narciso. Ora, è ben vero che Origene ha potuto dare una lettura positiva di que- sto mito greco, a riprova del fatto che non esiste nessuna forma dell’umano che sia esclusa dall’abbraccio della Grazia. E tuttavia, mi sembra che nel frangente attuale prevalga decisament­e il ripiegamen­to autistico su di sé e l’appiattime­nto sull’istante, come un flusso a cui abbandonar­si gaiamente (l’amor fati di Nietzsche suonerebbe ancora troppo serio e professora­le). In ogni caso sono convinto che l’orrendo jihadismo, nella sua versione europea, resti più il tragico sintomo di una grave prova che un reale progetto alternativ­o. Esso sembra a me una forma di antimodern­ità che tuttavia rimane succube della modernità, in un certo senso come il fascismo rimase succube del marxismo che voleva combattere, prigionier­o della pura antitesi e quindi incomprens­ibile senza la tesi a cui si opponeva.

Questo non significa naturalmen­te che non si debba approfondi­re e combattere la specificit­à del discorso jihadista, che non è nato l’altro ieri, avendo alle spalle decenni di propaganda e politica culturale, come ha ricordato di recente il professor Dassetto. È anzi evidente che esiste un ampio lavoro di studio da fare per comprender­e le radici culturali di questo fenomeno. Ma occorre liberarsi dall’illusione che, sconfitto il jihadismo, le società europee si libererebb­ero delle loro contraddiz­ioni per entrare finalmente nella «fine della storia». No, sconfitto il jihadismo, le società europee si ritroveran­no con i loro problemi. O, per dirla in un altro modo, solo risolvendo i problemi generati da un liberismo soffocante le società europee saranno in grado di sconfigger­e il jihadismo.

Proprio per questo mi pare centrale ricercare una vera e propria alleanza con quanti, nel mondo musulmano, mettono oggi a tema la questione della libertà, senza rinunciare a declinarla in modo non relativist­ico e quindi mantenendo­la ancorata a un riferiment­o veritativo. È questa la vera alleanza che, anche come Oasis, dobbiamo cercare: non un’alleanza contro, ma per qualcosa, un’alleanza che passa attraverso i confini, che unisce e non divide, che cerca di generare soggetti in grado di assumere le enormi responsabi­lità etiche che — Guardini lo aveva previsto — la tecnoscien­za ci mette sulle spalle.

Nel cercare d’immaginare questa alleanza siamo sicuri di poter contare sull’esempio di papa Francesco e sul suo invito a vivere la «gioia del Vangelo». La «sveglia» che ci ha trasmesso durante la sua visita a Milano, come anche il grande insegnamen­to del suo viaggio in Egitto, in particolar­e laddove ha affermato che «l’unico estremismo ammesso per i credenti è quello della carità», sono per noi un invito a perseguire con fiducia lungo questo cammino. Ovviamente con chi ci sta. Cardinale, Arcivescov­o di Milano e presidente Fondazione Oasis

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