Visco: «In Italia la crisi più grave ma le banche non sono crollate»
Il governatore di Bankitalia: per le Venete accordo importante raggiunto in poco tempo
«Un accordo importante, ottenuto in pochissimo tempo». Il convitato di pietra — anche stavolta a Spoleto — è la crisi delle due banche venete, la Popolare di Vicenza e Veneto Banca, travolte dal peso dei crediti non più esigibili dalla clientela e finite in liquidazione coatta amministrativa.
Ignazio Visco, numero uno della Banca d’Italia, ne approfitta per prendere in contropiede le critiche. Dal palco del Festival dei due Mondi, rassegna in corso nella città umbra, Visco tiene a rivendicare la bontà di un accordo che se non fosse stato raggiunto avrebbe avuto effetti sistemici. Il passaggio dei due istituti (in bonis) ad Intesa Sanpaolo — grazie ad un finanziamento di quasi 5 miliardi di euro, con una garanzia pubblica sui crediti dubbi (per tre anni) fino a 12 miliardi — era l’unica strada possibile. Il governatore si riferisce all’intesa trovata con la Vigilanza europea, la Bce, e con la Commissione Ue, in materia di aiuti di Stato. Propedeutica al decreto scritto domenica scorsa dal governo.
«L’Italia negli ultimi dieci anni ha avuto la crisi più grave della sua storia, forse in tempo di guerra è stata peggiore, ma neanche tanto. Eppure le banche non sono crollate», ha detto Visco. «Non sono andate a rotoli», anche perché sono state tentate tutte le strade prima di trovare l’accordo con l’unica offerente presentatasi al tavolo: Intesa Sanpaolo. Compresi i tentativi, col senno del poi non risolutivi del fondo Atlante, partecipato anche da Cassa Depositi e Prestiti. Semmai il problema, ha ricordato Visco, è «come si circoscrivono» le crisi. Effetti collaterali di casi di malagestione, «che ci sono sempre stati», che nel caso dei due istituti sono da ricondursi ai loro dominus per circa 20 anni: Vincenzo Consoli (Veneto Banca) e Gianni Zonin (Popolare di Vicenza). «Certo, non è una bella cosa», il disagio con il quale l’opinione pubblica ha accolto i salvataggi del Montepaschi e delle venete. Soprattutto perché entrambe le operazioni finiscono per avere un impatto sul debito pubblico e quindi sulla fiscalità generale. Minando la credibilità dei risparmiatori, vittime della vendita al dettaglio di strumenti finanziari rischiosi (e opachi) come i bond subordinati».
Il conto dei salvataggi resta da dover pagare ma, secondo il governatore, induce a interrogarsi anche sul ruolo di alcune fondazioni, azioniste di istituti costretti a richiedere l’intervento dello Stato, e del sistema delle banche popolari.
Proprio il tema del controllo è oggetto di un’altra sortita di Visco. In risposta all’affermazione del vicepresidente della Camera, Luigi Di Maio, del Movimento 5 Stelle, secondo cui la priorità sia togliere alle banche la partecipazione detenuta in Bankitalia a causa della loro presunta influenza
sul suo operato. «La Banca d’Italia è un ente pubblico, un’istituzione seria — ha ricordato Visco —. È proibito a chi detiene quote nel capitale di aver alcun ruolo sia nella politica monetaria, sia nell’attività di vigilanza sulle banche». Il governatore ha rivendicato il ruolo della Vigilanza di fronte alle crisi bancarie. Negli ultimi 15 anni «oltre 100 banche sono state commissariate, chiuse, aggregate», ha sottolineato Visco, spiegando che non tutti «se ne sono accorti».
Gli interventi «Negli ultimi 15 anni oltre 100 banche sono state commissariate, chiuse, aggregate»