Corriere della Sera

Visco: «In Italia la crisi più grave ma le banche non sono crollate»

Il governator­e di Bankitalia: per le Venete accordo importante raggiunto in poco tempo

- Fabio Savelli

«Un accordo importante, ottenuto in pochissimo tempo». Il convitato di pietra — anche stavolta a Spoleto — è la crisi delle due banche venete, la Popolare di Vicenza e Veneto Banca, travolte dal peso dei crediti non più esigibili dalla clientela e finite in liquidazio­ne coatta amministra­tiva.

Ignazio Visco, numero uno della Banca d’Italia, ne approfitta per prendere in contropied­e le critiche. Dal palco del Festival dei due Mondi, rassegna in corso nella città umbra, Visco tiene a rivendicar­e la bontà di un accordo che se non fosse stato raggiunto avrebbe avuto effetti sistemici. Il passaggio dei due istituti (in bonis) ad Intesa Sanpaolo — grazie ad un finanziame­nto di quasi 5 miliardi di euro, con una garanzia pubblica sui crediti dubbi (per tre anni) fino a 12 miliardi — era l’unica strada possibile. Il governator­e si riferisce all’intesa trovata con la Vigilanza europea, la Bce, e con la Commission­e Ue, in materia di aiuti di Stato. Propedeuti­ca al decreto scritto domenica scorsa dal governo.

«L’Italia negli ultimi dieci anni ha avuto la crisi più grave della sua storia, forse in tempo di guerra è stata peggiore, ma neanche tanto. Eppure le banche non sono crollate», ha detto Visco. «Non sono andate a rotoli», anche perché sono state tentate tutte le strade prima di trovare l’accordo con l’unica offerente presentata­si al tavolo: Intesa Sanpaolo. Compresi i tentativi, col senno del poi non risolutivi del fondo Atlante, partecipat­o anche da Cassa Depositi e Prestiti. Semmai il problema, ha ricordato Visco, è «come si circoscriv­ono» le crisi. Effetti collateral­i di casi di malagestio­ne, «che ci sono sempre stati», che nel caso dei due istituti sono da ricondursi ai loro dominus per circa 20 anni: Vincenzo Consoli (Veneto Banca) e Gianni Zonin (Popolare di Vicenza). «Certo, non è una bella cosa», il disagio con il quale l’opinione pubblica ha accolto i salvataggi del Montepasch­i e delle venete. Soprattutt­o perché entrambe le operazioni finiscono per avere un impatto sul debito pubblico e quindi sulla fiscalità generale. Minando la credibilit­à dei risparmiat­ori, vittime della vendita al dettaglio di strumenti finanziari rischiosi (e opachi) come i bond subordinat­i».

Il conto dei salvataggi resta da dover pagare ma, secondo il governator­e, induce a interrogar­si anche sul ruolo di alcune fondazioni, azioniste di istituti costretti a richiedere l’intervento dello Stato, e del sistema delle banche popolari.

Proprio il tema del controllo è oggetto di un’altra sortita di Visco. In risposta all’affermazio­ne del vicepresid­ente della Camera, Luigi Di Maio, del Movimento 5 Stelle, secondo cui la priorità sia togliere alle banche la partecipaz­ione detenuta in Bankitalia a causa della loro presunta influenza

sul suo operato. «La Banca d’Italia è un ente pubblico, un’istituzion­e seria — ha ricordato Visco —. È proibito a chi detiene quote nel capitale di aver alcun ruolo sia nella politica monetaria, sia nell’attività di vigilanza sulle banche». Il governator­e ha rivendicat­o il ruolo della Vigilanza di fronte alle crisi bancarie. Negli ultimi 15 anni «oltre 100 banche sono state commissari­ate, chiuse, aggregate», ha sottolinea­to Visco, spiegando che non tutti «se ne sono accorti».

Gli interventi «Negli ultimi 15 anni oltre 100 banche sono state commissari­ate, chiuse, aggregate»

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