La notte dei mille controlli con il procuratore tra i fan
Malori, sequestri, telecamere ovunque. «Noi, con le dita incrociate»
In reggiseno Ragazze prima dello show, poi in topless Foto Una distesa di telefonini immortala il «Modena Park» Metal detector I controlli di sicurezza per accedere al live DA UNO DEI NOSTRI INVIATI
C’è un ingegnere della Telecom che controlla i flussi degli spettatori attraverso le tracce lasciate dai loro telefonini; ci sono gli uomini della Scientifica con gli occhi puntati su otto monitor che riprendono i varchi d’ingresso del Modena Park dove gli agenti girano filmando gli arrivi, mentre un loro collega manda le immagini del popolo di Vasco che canta, salta, balla; in questa sala angusta si accavallano finanzieri e vigili del fuoco e pure tre ragazzi dell’organizzazione che non perdono di vista lo schermo con il registratore degli ingressi, una sorta di calcolatore dei presenti. In tutto, una ventina di esperti che seguono in diretta ogni fase dell’evento da questa struttura allestita a un centinaio di metri dal palco di Vasco, fra gli alberi, insospettabile.
È il Gso, il Gruppo operativo sicurezza, la cabina di regia che veglia sul concerto come una sentinella discreta. All’epoca del terrore, il Gso assume un’importanza particolare. E l’appuntamento con il più grande evento musicale a pagamento della storia, capace di portare a Modena 220 mila fan (più dei 180 mila abitanti della città) con 900 pullman e 60 mila auto, è un serio test per le forze dell’ordine che devono applicare la circolare Gabrielli voluta dopo i tragici fatti di Torino. La paura è quella: terrorismo e fughe di massa, il panico incontrollabile.
«Basta che qualcuno dica qualcosa in arabo che la gente si agita. Anche solo lo scoppio di un palloncino può scatenare un grosso problema di sicurezza», ricorda il questore della città emiliana, Paolo Fassari, piombato nella sala operativa a verificare che la macchina della sicurezza vada a tutto vapore.
Perché qui si stanno sperimentando le nuove tecnologie in materia di controlli. Come il sistema Lte, long term evolution, che al Park si traduce in lunghe dirette girate con semplici cellulari da chi lavora ai gate fra gli spettatori. Le immagini vengono viste in diretta nella sala Gso, oltre che a Bologna e al Viminale, cosicché tutti gli addetti possano monitorare in tempo reale cosa accade prima, durante e dopo il concerto.
«Sequestrato un manganello telescopico», dice qualcuno. «Qui vari biglietti falsi», aggiunge un altro. Si sequestra, si blocca, si sviene per il gran caldo. A fine giornata gli interventi sanitari potrebbero superare i mille (un quarantanovenne è morto d’infarto). «Abbiamo calcolato che questa è comunque la normalità su una popolazione di 220 mila persone, praticamente una città», spiega Stefano Toscani, responsabile sanitario del Modena Park.
Fuori della sala, le forze in campo sono imponenti: circa mille uomini, comprese unità antiterrorismo, Digos, uomini dei reparti speciali e tiratori scelti, pronti a intervenire in caso di necessità. «Nessuna militarizzazione dell’area, sia chiaro: la regola è collaborare», tiene a precisare il questore.
Passa il sindaco di Modena, Giancarlo Muzzarelli, uno che ha collaborato: «Vorrei che diventasse un modellino europeo di organizzazione». Lui ha imposto regole rigide: no a bevande in bottiglia e lattina, no a superalcolici, no a zaini e valigie, niente creme, tende, bastoni da selfie. «Io sto incrociando le dita», sospira prudente il procuratore di Modena, Lucia Musti, anche lei fra il pubblico.
L’appartato sicurezza lavora in silenzio. Ma tutto qui è a misura di terrorismo. I panettoni di cemento per evitare il rischio Nizza. I piani di evacuazione per scongiurare «Torino». E prefiltraggi mirati perché il sangue di Parigi, di Manchester e di Londra non scorra più. «E non ci cambi dentro», è stata la sfida di Vasco.