Carige, Piazza Affari promuove il piano di Fiorentino
Titolo in crescita del 23%. Entro luglio il nuovo piano industriale. Il piano B: conversione dei bond
Carige brinda in Borsa al piano di rafforzamento da complessivi 700 milioni di euro approvato lunedì dal board. Il titolo è schizzato ieri del 23% con scambi decuplicati rispetto alla media, salendo a 0,239 euro, ai livelli di fine maggio, anche sulla scia dell’ok della Ue al salvataggio di Mps.
Il varo da parte di Carige della ricapitalizzazione fino a 500 milioni e di un piano di cessioni da effettuare rapidamente per 200 milioni (il credito al consumo Creditis, la piattaforma degli npl, la gestione dei pos e immobili di pregio a Milano, Roma e Londra) sono stati apprezzati dal mercato innanzitutto perché la manovra affidata al neoamministratore delegato Paolo Fiorentino è inferiore a quanto il mercato ipotizzava. Inoltre il titolo è stato molto sotto pressione nell’ultimo periodo in seguito alla resistenza dell’istituto alle richieste della Bce e dopo l’uscita di scena dell’ex ceo Guido Bastianini per contrasti con il socio di maggioranza relativa (nonché vicepresidente) Vittorio Malacalza, che ha il 17,6%. Anche il fatto che l’aumento veda due colossi come Credit Suisse e Deutsche Bank al lavoro sul dossier e firmatari di una pre-garanzia ha dato il segnale che la banca vuole muoversi nel verso giusto. Ma non sarà facile.
La pre-garanzia delle banche d’affari è condizionata a una serie di circostanze che devono tutte verificarsi, a cominciare dalle cessioni fino alle cartolarizzazioni degli npl (940 milioni già in cantiere, più altri 1,2 miliardi annunciati). Inoltre è atteso un nuovo piano industriale, già a fine mese, per definire la direzione dei prossimi anni. Solo una volta che il patrimonio si sarà rafforzato con le cessioni partirà l’aumento vero e proprio sul mercato, entro fine anno. Non sarà una passeggiata, visto che la banca si ritroverà a dell’operazione di mercato, attraverso la conversione in azioni delle obbligazioni subordinate per 650 milioni di euro circa. Una mossa estrema, visto che coinvolgerebbe — sia pure limitatamente — anche i risparmiatori. L’operazione è impostata stand alone — e Malacalza dovrebbe fare la sua parte con un ulteriore esborso di circa 87 milioni per mantenere il peso attuale — ma secondo fonti a conoscenza del dossier servirà a mettere l’istituto in carreggiata in vista di un’acquisizione da parte di un gruppo più robusto.