Scontro nel Pd sulle alleanze Franceschini: così non si vince
Duello serrato con Renzi, che non cambia linea. Poi il ministro vota la relazione Il no di Orlando (ed Emiliano). Il segretario: aiuti Pisapia, ognuno vada dove vuole
La tregua nel Pd è già finita. E nella direzione di ieri si è consumato un nuovo scontro sulle alleanze tra Matteo Renzi e Dario Franceschini. Il segretario del partito ha ribadito che la linea non si cambia. Mentre il ministro ha avvertito: «Da soli si perde», anche se poi ha votato la relazione del segretario. Mentre il ministro Orlando e il governatore Emiliano hanno disertato la votazione.
ROMA Non è bastato sbarrare le porte del Nazareno, oscurare lo streaming e vietare ai delegati di spifferare la direzione su Twitter o su Facebook. La tregua balneare tra le anime del Pd è saltata lo stesso, con un certo fragore.
Il duello sul tema alleanze tra Renzi e Franceschini, presente Gentiloni, inizia in punta di fioretto. Poi le stoccatine diventano colpi sotto la cintura. Ma alla fine, pur dopo la replica del segretario, il ministro scongiura la rottura votando la relazione. «Diceva che senza alleanze non l’avrebbe votata, ma lo ha fatto perché i suoi non lo seguivano...», malignano gli orlandiani, delusi perché l’asse con il Guardasigilli si è incrinato al momento della conta. La minoranza di Orlando ed Emiliano ha disertato il voto, mentre Franceschini, che al congresso aveva sostenuto Renzi, si è allineato: relazione approvata all’unanimità. Lo scontro però è stato aspro.
Parla Renzi e subito sferza chi spinge per il dialogo con Pisapia: «La discussione interna al Pd interessa solo 3 o 300 persone, se parliamo di alleanze i cittadini non si accorgono degli effetti delle riforme». Il responsabile del Mibact conta fino a tre: «Io sono fra i 350 residuati bellici che pensano si debba parlare di alleanze». Avanti così, botta su botta. Il centrosinistra? Per Renzi, che va a caccia di voti anche a destra, è un no. Per Franceschini un sì: «Siamo lontani dal poter vincere da soli». E se Matteo sbandiera il suo trionfo ai gazebo in faccia ai capicorrente, Dario lo rintuzza: «Me lo ricordo che hai preso due milioni di voti ed è giusto che tu risponda a loro. Ma con rispetto per chi ti ha votato e non rinuncia a esprimere un pensiero». Poi il consiglio di non vedere dietro le critiche «un tradimento o un complotto». Il 24 settembre parte il treno di Renzi e Franceschini gli augura buon viaggio: «Giriamo pure il Paese, ma non si può evitare di occuparsi di legge elettorale». Il leader incassa e tira dritto, annuncia una conferenza programmatica e si concentra sui problemi dei cittadini. Lo ius soli? «Avanti, è un principio di civiltà». L’Europa? «Va posto il veto sul Fiscal compact nei trattati». Una bomba, eppure la rissa è sulle alleanze.
«Ognuno vada dove vuole andare, ognuno invecchi come vuole invecchiare — è il
bye bye del leader agli oppositori —. Ma non venite a dire a me cos’è la libertà». La citazione di «Quattro stracci» di Guccini è dedicata a Orlando e a quanti stanno nel Pd con un piede dentro e l’altro fuori. Il Guardasigilli, sarcastico: «Non vuoi chiamarlo centrosinistra? Chiamalo pure “Alleanza per Renzi”». E il segretario, con evidente fastidio: «Capisco che tu voglia aiutare Pisapia, ma io voglio aiutare il Pd». Il monito di Enrico Letta arriva da lontano: «Presentarsi come l’alternativa all’apocalisse è una bandiera bianca alzata».