Corriere della Sera

«Le donne di potere? Erano di più nel Rinascimen­to»

Da tre anni convive con le eroine del suo libro «L’amante alchimista» e grazie a loro ha scoperto che «non ci sono mai state tante donne di potere in Italia come nel Rinascimen­to» «Le coppie di successo sono mal tollerate Roma? Ogni volta tornare mi costa

- Maria Luisa Agnese

«Perché il Rinascimen­to? Perché in quel periodo c’è stato un concentrat­o di donne di potere in Italia come non mai, donne colte e astute come Isabella d’ Este o sanguigne come Caterina Sforza che combatteva con la sua spada incinta di otto mesi e adorava gli intrighi romani». Sonia Raule, donna contempora­nea il potere lo conosce bene anche da dietro le quinte, con un primo matrimonio in casa Agnelli, con Bernardino Campello della Spina, nipote dell’Avvocato Gianni, e un secondo con il supermanag­er Franco Tatò, oltre a molte incursioni lavorative fra cinema e tv. Ma per approfondi­re l’argomento e volendo parlare di potere delle donne, si è tuffata nel Rinascimen­to. «Un tempo in cui le donne avevano accesso alla cultura e alle arti, imparavano a camminare e subito si ritrovavan­o a ballare e danzare con le scarpette ai piedi, imparavano a parlare e subito studiavano latino e greco». E’ vero che quel potere nasceva dai matrimoni, ma nel Rinascimen­to, nelle corti d’Italia piccole raffinate in lotta l’una con l’altra, fiorivano coppie solidali e mogli importanti.

Ed è a questo periodo che Sonia Raule ha dedicato le sue ricerche e il suo libro, L’amante Alchimista (Piemme edizioni), firmato Isabella della Spina perché scritto con Daniela Ceselli. Il libro nasce quasi come una sceneggiat­ura storica, e già sia parla di una versione fiction tipo la saga dei Medici di Firenze e, chissà, di una seconda puntata del libro. «Perché figure così che si muovevano con le loro passioni e i loro capricci sullo sfondo dell’Italia di Lorenzo il Magnifico, non smettono di vivere mai, almeno nella tua testa» dice Sonia, che da quasi tre anni ormai convive con le sue eroine, in un dialogo a distanza continuo fra passato e presente. Con assonanze che in certi momenti sono quasi inquietant­i.

Roma allora sembrava essere una città mondana, carnale, intrigante, che viveva fuori da ogni regola in una stagione dove tutto era concesso: «Come se il Paradiso fosse da cercare in terra, invece che nell’aldilà. Gli stessi cardinali sembravano i primi ad anteporre i piaceri dei sensi a quelli dello spirito, il peccato alla rinuncia» si legge nel libro. E oggi Sonia conferma: «Non è cambiato niente. Ogni volta che torno a Roma mi fa fatica, non mi mancano neppure i suoi tramonti incredibil­i sui Fori imperiali; non c’è più neppure il Ponentino». Lei ormai da qualche anno ha scelto di vivere a Milano per «mettere in sicurezza» la figlia Carolina e farle fare il liceo sotto la Madonnina. «Non importa che siano assediati dalla spazzatura, che facciano tre ore di coda nel traffico, i romani sopportano tutto in nome del ballo della sera, e se ne vanno come se nulla fosse a 5 feste una dopo l’altra». Feste dove tra l’altro, come testimonia ampiamente la Gallery sociale del Cafonal di Dagospia, c’è sempre un cardinale. «Roma mischia tutto con nonchalanc­e, belle ragazze, ministri di Dio, potere. Allora come ora. E’ una città che digerisce tutto, se a Milano qualcuno una sera beve un bicchiere di troppo se lo ricordano per sempre, a Roma un ministro ubriaco che balla su un tavolo l’indomani è sempre un ministro».

Forse perché il potere è al disopra di tutto, «di ogni promessa, ogni alleanza, santa o profana, al di sopra persino del casato e dei legami di sangue. Una donna che ne sia stata investita deve pensare e agire di conseguenz­a, altrimenti sarà perduta» come dice Caterina Sforza lasciando con forte rimpianto Roma per un più modesto regno.

Anche lei, Sonia, per lungo tempo ha frequentat­o e conosciuto bene quelli che un tempo si chiamavano salotti romani. Ha mai invitato un cardinale? «No, non ne ho mai invitati alle mie cene. Ricordo piuttosto una festa alla Centrale Montemarti­ni per festeggiar­e l’entrata nell’euro, tra le sculture e i busti della classicità c’erano personaggi di grandissim­o spessore come Ciampi, Draghi, Prodi, Spaventa... Poi tutto si è sfilacciat­o, sgretolato, abbassato, oggi le figure sono più opache d’altra parte il potere a Roma è legato a triplo filo con la società, è il suo specchio. L’unico ceto sociale che è rimasto indenne è il generone romano, loro continuano a fare la loro vita, giocano a carte, vanno a Cortina d’inverno, in barca d’estate».

Per continuare con il nostro gioco ieri/oggi, le sue eroine rinascimen­tali erano perlopiù mogli che esercitava­no il potere ma non prima persona, sempre in una posizione un po’ gregaria, per quanto smagliante. «In quel periodo c’erano vere coppie solidali e di potere. Oggi le coppie di successo per qualche ragione sono mal tollerate, per rancore, per invidia. E’ come se si dicesse: “Va bene uno ma due no, è troppo!”. Leggevo in un trafiletto del Corriere che persino il marito di Angela Merkel, Joachim Sauer, brillante fisico che potrebbe aspirare al Premio Nobel, potrebbe invece essere penalizzat­o proprio dal fatto di essere il signor Merkel».

Ma quali mogli, nonostante tutto, funzionano oggi? «Kate Middleton che ha lavorato molto per diventare quello che è. Miuccia Prada che è rimasta coppia solidale con Patrizio Bertelli. E Carla Bruni e il suo Sarkozy che, come Francesco Rutelli e Barbara Palombelli, hanno mantenuto ognuno la propria profession­e. Carla poi ha reso più simpatico lui. Per il resto c’è in giro un pensiero molto convenzion­ale, che avvelena tutto, e ne siamo tutti vittime: ora poi è arrivato Trump, che non aiuta certo le donne. E rende difficile la solidariet­à, la creazione di una rete fra loro». Anche Isabella d’Este e le altre, per quanto donne colte e privilegia­te, volevano primeggiar­e sulle altre. «Avevano addirittur­a una rete di spie per farsi raccontare i reciproci vestiti, i segreti di corte, a un certo punto era diventato di moda farsi scaldare il letto da una negretta e loro capriccios­ette e viziate strapazzav­ano gli ambasciato­ri perché gliene procurasse­ro una. E’ un gran peccato». L’unica solidale della compagnia è Margherida, l’alchimista, donna colta, brillante, indipenden­te; e che non brilla di luce riflessa maritale. Una splendida single, per quanto capace di amore assoluto per il suo Pico della Mirandola. «Non è moglie, perché non ne ha bisogno» conclude Sonia. «Ma è anche l’unico personaggi­o inventato del libro, che fa da collante a tutta la storia. E, chissà perché, tutte vorremmo un po’ essere lei».

Le cene Ricordo feste con personaggi di grandissim­o spessore, come Ciampi, Prodi, Spaventa: poi tutto si è sfilacciat­o... Il generone L’unico ceto sociale rimasto indenne è il generone romano, vanno a Cortina d’inverno e in barca d’estate

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