Corriere della Sera

Quel dovere di batterci

- Di Goffredo Buccini

Nonostante qualche mezza promessa e qualche pia illusione, era difficile credere che trovassimo a Tallinn una via d’uscita all’emergenza migranti da cui ormai siamo intrappola­ti. E infatti non l’abbiamo trovata.

Troppo netta l’avversione dei nostri partner mediterran­ei — Francia e Spagna in testa — a condivider­e la pressione sui porti. Flebile fino all’irrilevanz­a il peso dell’Unione sulle decisioni fondamenta­li degli Stati membri e, dunque, tenerament­e inutile e sopra le righe l’intemerata di Jean-Claude Juncker contro il Parlamento di Strasburgo semivuoto al momento di discutere di profughi e accoglienz­a.

Ci troviamo in mezzo alla tempesta perfetta e la riunione di ieri dei ministri degli Interni della Ue non ci ha cavato d’impaccio: chiuse le frontiere attorno a noi e le rotte alternativ­e dei Balcani e del Marocco, vigente il micidiale regolament­o di Dublino che impone ai migranti di restare sul territorio di prima identifica­zione (in pratica solo l’Italia), vanificate nel ridicolo le quote di «relocation» (soprattutt­o per il «niet» degli Stati ex comunisti), stretti tra doveri umanitari (ogni 100 profughi, ne muoiono tre attraversa­ndo il Mediterran­eo) e interventi talvolta fuori controllo delle Ong, siamo un imbuto tappato con migliaia di chilometri di coste dove entro fine anno si riverseran­no forse 250 mila disperati senza poter fluire verso altri Paesi.

Hanno contribuit­o a questo ingorgo varie miopie politiche. Il gioco del cerino, tuttavia, andrebbe evitato: Dublino II fu varato col centrodest­ra al governo, la Bossi-Fini s’è rivelata una disastrosa legge-slogan che ha intasato i tribunali e reso stanziali i clandestin­i fino al terzo grado di giudizio... Insomma, se la sinistra ha colpevolme­nte coltivato troppo a lungo una visione irenica del problema, nessuno è esente da errori; e gli alti lai di queste ore contro il governo servono solo a dare l’immagine di un Paese isterico e spaccato.

Marco Minniti, fin qui assai attivo, ha ottenuto, se non altro, il rovesciame­nto

Se Merkel e Macron ci lasceranno soli, la casa comune europea finirà per crollare: e le macerie ricadranno anche su di loro

dell’agenda di Tallinn: il caso Italia ha tenuto banco, nuovi fondi sulla Libia e il placet a un regolament­o sulle Ong d’impronta tutta italiana non sono vittorie ma nemmeno risultati da sottovalut­are. La prossima settimana il nostro ministro giocherà in sede Frontex la partita sui porti, certo sapendo di perderla. Dunque? Possiamo a nostra volta chiudere i porti italiani (come abbiamo minacciato) alle navi Ong che non rispettino le nostre regole: ma è una scelta che salterebbe (giustament­e) alla prima tragedia umanitaria che dovesse derivarne. Potremmo (lo minacciò l’allora premier Renzi) tagliare i nostri contributi al bilancio Ue: ma la nostra condizione di grandi debitori assetati di flessibili­tà ci rende poco credibili.

La verità è che in questo frangente noi siamo la cartina di tornasole d’Europa e, finora, ci siamo coperti d’onore nei salvataggi in mare. Se Angela Merkel e Emmanuel Macron, incapaci di gestire una vicenda epocale, ci lasceranno soli a fare da trincea e salvagente, la casa comune europea finirà per crollare e le macerie ricadranno anche su di loro. Per questo dobbiamo stare uniti, abbracciat­i alla nostra democrazia. Continuand­o a battere su tutti i tavoli, con la forza tranquilla di chi sa d’aver ragione.

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