La sfida del leader: se ci siete, bene Altrimenti, di voi faremo a meno
La spinta sul partito «maggioritario»: preferiscono perdere per uccidermi?
ROMA «Ragazzi, loro parlavano di cose a cui non frega a nessuno e io non avevo voglia di litigare»: con queste parole Matteo Renzi, dopo la direzione del Pd riassume l’esito della riunione. E con i più fidati aggiunge: «Vi giuro che non ho capito quello che volevano dire e fare. Ho visto che Dario ha fatto dare la velina ai giornali da Piero Martino ed è andato anche sopra le righe, perché il problema non è tra noi».
Già, alle volte il segretario del Pd non si raccapezza più: «La questione vera è una sola. Alle elezioni saremo noi, Salvini e Grillo, c’è qualcuno che preferisce perdere pur di ammazzare me?». È questa la domanda che l’ex presidente del Consiglio aveva sulla lingua in questa direzione e che non ha fatto. «Dove vuole andare Franceschini dopo che ha cercato di pugnalarmi appena Prodi ha parlato? Qual era il suo vero scopo»?: altra domanda senza risposta e mai rivolta all’uditorio della direzione, bensì solo agli amici dopo quella riunione.
«Io voglio fare il Pd, con la sua vocazione maggioritaria, con la sua voglia di vincere, se gli altri pensano che non ne valga la pena, che è meglio andare appresso a Pisapia, affari loro. Se gli stessi, però, vogliono essere per forza eletti nella prossima legislatura è un problema loro...», confida il segretario del Partito democratico ai suoi.
E in queste parole non c’è la sfida contro Franceschini («figuriamoci, mancava solo che dicesse che non esistono le mezze stagioni, che gli potevo dire?», ridacchia il leader), ma l’idea che «bisogna andare avanti, senza occuparci di stupidaggini che non interessano nessuno, ma avendo ben chiaro in mente dove dobbiamo arrivare,senza pensare a coalizioni, posti in lista e cose del genere».
Insomma Renzi non sfida nessuno o, meglio, sfida tutti: «Io voglio occuparmi del nostro partito, se ci siete bene, altrimenti faremo a meno di voi», è la frase rivolta ai suoi antagonisti interni che il segretario ripete più spesso in questi giorni. E infatti, alla fine, l’unica nota paradossalmente stonata della giornata di ieri è quel voto finale, in direzione: relazione del segretario approvata all’unanimità, franceschiniani in testa, minoranze, che, come da tradizione, escono dalla sala per non farsi contare.
Eppure ieri in direzione si sono viste, per l’ennesima volta, due visioni del Pd e della politica che dovrebbe fare quel partito che sono sempre più distanti e che rischiano di diventare inconciliabili, alla lunga.
Da una parte, Renzi che propone di abolire il Fiscal compact e di chiudere il rubinetto dei soldi a quei Paesi della Ue che non accolgono i migranti, dall’altra Orlando e Franceschini che parlano d’altro e sull’argomento Europa, sul quale il segretario vorrebbe fare la prossima campagna elettorale, preferiscono soprassedere.
Immaginano nuove leggi elettorali e premi di coalizione. Il segretario non vorrebbe parlare di questi argomenti: «Non sono interessato alla mia o alla vostra carriera, non ve ne abbiate a male. Io rispondo ai cittadini non ai capicorrente, mi dispiace tanto per voi...».
La campagna elettorale, annuncia Renzi, si farà sui temi dell’Europa e «non sulla piazza mezza vuota di Pisapia», «con buona pace di Orlando e Franceschini che vedo in altre faccende affacendati», ma «il tema non è i mille modi per azzoppare la mia leadership», semmai è «come vincere queste elezioni ed evitare derive populiste e di destra: l’oggetto interessa a qualcuno?».
Già, è quasi irridente, alla fine, Renzi, che durante la riunione non risparmia frecciate agli avversari interni: «Mai capito quello che vogliono sul serio — confida ai collaboratori — battere Berlusconi o “ammazzare” me?».
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