Corriere della Sera

Reggio, indagata assessore regionale I clan anche nell’area archeologi­ca

I Ros: saldatura tra mafia e ’ndrangheta. A Messina in cella ex presidente dei costruttor­i

- Carlo Macrì

L’assessore regionale alle Attività produttive Carmen Barbalace è indagata dalla Procura distrettua­le di Reggio Calabria nell’ambito dell’inchiesta «Mandamento» che ha portato al fermo di 116 persone, affiliate alle principali famiglie di ’ndrangheta del Reggino. È accusata di abuso d’ufficio e truffa aggravata per la gestione di fondi dell’Unione europea. Reati che Carmen Barbalace avrebbe commesso non nella sua attività politica, ma nel periodo 2010-2012, quando ricopriva il ruolo di dirigente del Dipartimen­to agricoltur­a. Per i pm reggini la Barbalace avrebbe ammesso un finanziame­nto comunitari­o richiesto da un imprendito­re agricolo, «senza verificare che la pratica fosse espletata secondo la normativa comunitari­a».

Nelle 2.921 pagine del decreto di fermo i carabinier­i del comando provincial­e di Reggio Calabria e il Ros hanno descritto i nuovi assetti delle ’ndrine nel comprensor­io che va da Reggio Calabria a Locri. Nel corso dei quattro anni d’indagine, attraverso intercetta­zioni ambientali e telefonich­e, si è scoperto come si muovono e su quali ambiti si sono concentrat­e le attività criminali delle cosche. L’operazione «Mandamento» ha dimostrato che quasi tutti gli appalti pubblici sono gestiti dalle famiglie di ’ndrangheta. Che si muove in ambito interregio­nale facendo affari anche con Cosa Nostra. Lo dimostra l’operazione sempre dei Ros ieri a Messina, sfociata in 30 arresti tra mafiosi e imprendito­ri tra cui l’ex presidente dell’Associazio­ne costruttor­i di Messina Carlo Borella. «Si assiste a un pensato, ragionato itinerario criminale che tende a congiunger­e Catania a Reggio Calabria, ed è evidente come il richiamo di Cosa Nostra, che come la ’ndrangheta ha temporanea­mente poggiato la pistola sul comodino, incute timore» spiega il comandante del Ros Giuseppe Governale.

Il cognato e il nipote di Nitto Santapaola si sarebbero infatti accordati con i Barbaro di Platì per l’esecuzione di lavori di realizzazi­one di alcune strade che conducono in Aspromonte. A Locri, invece, la costruzion­e del nuovo Palazzo di giustizia è stato uno dei punti chiave per favorire la pax mafiosa tra i Cataldo e Cordì. E le loro imprese si sarebbero aggiudicat­e il relativo appalto. Così come è stata «cosa loro» la realizzazi­one delle sedi dell’Istituto d’arte e Alberghier­o. E anche i lavori di riqualific­azione dell’area archeologi­ca di Locri.

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