Corriere della Sera

IL MESSAGGIO DEL PAPA È FORTE MA LA CHIESA È TROPPO FRAGILE

Riforme e governo Francesco ha teorizzato l’avvio di processi. Si aspetta che facciano emergere nuovi leader, capaci di parlare nel suo complesso al mondo

- di Andrea Riccardi di Francesco Giamberton­e

Achi diceva che la riforma della Curia necessitas­se di nuovi capi dicastero, papa Bergoglio ha risposto di non essere un «tagliatore di teste». Ha fatto pochi cambi, tenendosi pure personalit­à scomode. Non si comportò così il cauto Paolo VI, che mutò i vertici curiali e volle il limite del quinquenni­o per i mandati apicali. Familiare della teoria delle classi dirigenti, credeva che, senza nuovo personale, il Concilio non sarebbe stato recepito. Con la sua cultura del progetto, aveva un radicale disegno di riforma della Curia, realizzato in soli due anni.

Francesco non è organico nel governo come il suo predecesso­re italiano, pur tanto amato da lui. Ora però sembra volere un governo più omogeneo a lui. Così non ha confermato all’ex Sant’Uffizio il card. Müller, teologo vicino a Benedetto XVI. La partenza del card. Pell (in Australia per difendersi delle accuse di pedofilia) apre una posizione chiave, creata dal Papa alla testa della Segreteria dell’economia proprio per lui, qualificat­osi come riformator­e delle finanze, ma distante da Bergoglio, critico verso gli italiani e la Segreteria di Stato. Il revisore generale delle finanze, Libero Milone, se n’è andato. La riforma vaticana scricchiol­a sull’economia. Avanza sui media. Il Papa ha accorpato alcuni dicasteri, come capita periodicam­ente nei governi. Ma l’opera del C9 dei cardinali, da lui scelti per riformare la Curia, complessiv­amente non è spedita. E non c’è disegno, se non la semplifica­zione.

Stanno cambiando però alcune posizioni chiave nella Chiesa: il presidente della Cei (ora è il card. Bassetti, figlio della Firenze di La Pira), il Vicario di Roma con la nomina di una figura pastorale come Angelo De Donatis, l’arcivescov­o di Milano (si aspetta un vescovo pastorale, come mons. Mario Delpini). In Italia ci sono ormai un’ottantina di vescovi di questo tipo, nominati da Francesco. In Spagna, Madrid e Barcellona sono guidate da due vescovi molto in linea con il Papa. Non si sta arrivando però a un governo di bergoglian­i, ma alla scelta di figure disponibil­i a recepire il messaggio pastorale del Papa. Per Paolo VI fu diverso: era l’anima di un gruppo coeso che divenne

Intenzione Bergoglio sembra adesso aver deciso di volere un governo che sia più omogeneo a lui

gran parte della classe dirigente della Chiesa. Invece Francesco non ha portato a Roma nessun uomo suo, né alcun argentino.

Fin dall’inizio ha avuto un approccio carismatic­o, suscitando un forte movimento attorno al suo messaggio. Così ha espresso l’idea che la Chiesa deve uscire dagli schemi e diventare una «comunità di popolo», per dirla con Martin Buber. È la proposta dell’Evangelii Gaudium, vero programma del Papa (non precettivo e bisognoso della recezione dei vescovi). Francesco domandò questo nel 2015 ai vescovi italiani a Firenze: «cercate di avviare, in modo sinodale, un approfondi­mento della Evan-

gelii Gaudium, per trarre da essa criteri pratici e per attuare le sue disposizio­ni». È stato accolto l’invito? Per taluni era semplicist­a o scarico di contenuto dottrinale.

Il messaggio evangelico del Papa trova consenso tra la gente, mentre le strutture della Chiesa appaiono un po’ stanche. Mancano preti, specie giovani. Per alcuni si dovrebbero ordinare adulti sposati, come avviene — in deroga — per gli anglocatto­lici (lo volle Ratzinger) o per i cattolici orientali anche in Occidente (per scelta di Francesco). Il Papa non dà segni in questo senso. Avrebbe potuto scegliere il clero come tema del sinodo prossimo, ma non l’ha fatto. I quadri della Chiesa scricchiol­ano: i religiosi e le suore diminuisco­no in Paesi storici. Spesso le diocesi fondono le parrocchie in «unità pastorali»: più che una riforma, una restrizion­e. Le fragilità struttural­i della Chiesa si collocano in un secolo religiosam­ente vivace, talvolta con esiti problemati­ci: i fondamenta­lismi o il vasto movimento neoprotest­ante, vera sfida per la Chiesa, specie in Africa e in America Latina.

Dove porterà l’impulso di Francesco? Egli ha teorizzato l’avvio di processi. Si aspetta che facciano emergere nuovi leader, capaci di parlare alla Chiesa e fuori. L’impatto di Bergoglio nel mondo globale è forte: è un riferiment­o rispettato per la pace, l’ecologia, i poveri. Nella Chiesa, però, resta aperta l’opzione tra essere una minoranza in restringim­ento o un cristianes­imo di popolo. Bergoglio ha fatto cadere gli aspetti di contrappos­izione al mondo e offre impulsi e messaggi verso una dimensione più larga. Ma molto si giocherà nella vita concreta della Chiesa. Niente è scontato.

Newspapers in Italian

Newspapers from Italy