Corriere della Sera

Piccole e medie aziende nel mirino del private equity Ma l’Italia non è più a sconto

- F. Ch.

Il private equity cambia e guarda anche ad aziende più piccole. Complice anche la grande massa di risorse raccolte — 1.500 miliardi di dollari a livello globale secondo Mergermark­et — i fund manager si «accontenta­no» di deal meno corposi. «Stiamo registrand­o un cambiament­o nella strategia di investimen­to — sostiene Dimitri Christophe­r, partner a PwC e responsabi­le del private equity in Italia che ieri ha partecipat­o all’Italian Private Equity Forum a Milano — . I private equity ora comprano quote di aziende, anche minoritari­e, con un ebitda non più di 50 milioni di euro, ma con una soglia che si è abbassata, fino a dimezzarsi a 25 milioni di euro».

E infatti se il numero di operazioni rimane stabile, i volumi invece scendono. Secondo i dati raccolti da «Unquote», pubblicazi­one specializz­ata nel private equity, da inizio anno sono stati annunciati 53 deal rispetto ai 52 dello stesso periodo del 2016, ma il valore complessiv­o è sceso a 4 miliardi da 7,1 miliardi. «La differenza è dovuta principalm­ente all’assenza di transazion­i legate al consolidam­ento bancario», ha spiegato Francesco Gatti, partner e fondatore dello studio Gatti Pavesi Bianchi. E il fenomeno non è solo italiano. «In tutta Europa stiamo assistendo alla contrazion­e dei deal che riguardano compagnie a elevata capitalizz­azione. Ci sono sempre meno operazioni che superano i 500 milioni», dice Julian Longhurst, responsabi­le della ricerca di Unquote.

Se la taglia scende, il prezzo sale. L’Italia non è più un discount. Secondo i dati di Unquote, i multipli sono in costante aumento dal 2012. I fondi ora pagano mediamente 10 volte l’Ebitda delle aziende target rispetto alle 7,3 volte di cinque anni fa. «Da un lato — analizza lo studio — questo potrebbe indicare un surriscald­amento del mercato, dove una molteplici­tà di attori si concentra su sempre meno occasioni. Dall’altro, sembra che multipli più elevati riflettano una maggiore stabilità delle condizioni di un mercato dove i compratori sono fiduciosi in una crescita nel medio-lungo termine».

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