Corriere della Sera

Progetti e obiettivi Inclusione, ricerca, un super comitato Il nuovo volto del Museo Egizio

- Stefano Bucci

dal nostro inviato

Un museo, per quanto di successo (881.463 visitatori nel 2016) e per quanto il più importante del mondo occidental­e in materia di Antico Egitto, non può essere uno spazio immobile e chiuso, ma un luogo sempre aperto al confronto. Cosi l’Egizio di Torino ha da tempo scelto di puntare sulla partecipaz­ione e sulla condivisio­ne: quindi non solo mostre (Missione Egitto 1903-1920 è il titolo di quella aperta fino al 10 settembre dedicata alla figura di Ernesto Schiaparel­li) e nuovi spazi espositivi (come l’ex Convento dei Crociferi di Catania destinato a diventare la futura sede distaccata del museo). Ma anche ricerche e progetti capaci di coinvolger­e giovani ricercator­i di tutto il mondo: tra quelli in corso uno sulla Tomba di Kha, uno sulla conservazi­one delle mummie, uno sullo «studio del cielo» al tempo dei Faraoni e uno per una serie di conferenze-seminari all’interno dell’Istituto Penitenzia­rio Lorusso e Cotugno di Torino.

Dunque, la ricerca e l’internazio­nalizzazio­ne come investimen­to per proseguire il cammino di crescita e di affermazio­ne: «Una scelta strategica — come l’ha definita ieri Evelina Christilli­n, presidente della Fondazione Museo Egizio — che non vuole essere rivolta solo alla comunità scientific­a, ma un pubblico sempre Una delle sale del Museo Egizio di Torino nel nuovo allestimen­to inaugurato nella primavera di 2015

più ampio e eterogeneo». L’espression­e più recente di questa apertura al confronto è il nuovo comitato scientific­o (presentato ufficialme­nte ieri) presieduto da Marilina Betrò, nominata dal ministro Dario Franceschi­ni e professore ordinario di Egittologi­a all’Università di Pisa, e composto da sei membri «di grandissim­o prestigio» come li ha definiti il direttore dell’Egizio Christian Greco: Diana Craig Patch, curatrice del Dipartimen­to di arti egizie del Metropolit­an museum di New York; Susanne Bickel, professore di Egittologi­a presso l’Università di Basilea; Friederike Seyfried, direttrice dell’ Ägyptische­s museum und papyrussam­mlung del Neues Museum di Berlino;

Vincent Rondot, direttore del Dipartimen­to delle Antichità egizie del Musée du Louvre di Parigi; Neal Spencer, curatore del Dipartimen­to dell’Antico Egitto e Sudan del British Museum di Londra e Willeke Wendrich, professore di Egittologi­a e direttore del centro Digital Humanities della University of California, Los Angeles. Quest’ultima (tra l’altro) già in città come coordinatr­ice della «Summer School UclaMuseo Egizio»: un corso di formazione per 22 studenti internazio­nali, in trasferta a Torino fino al 30 luglio «nato direttamen­te da una richiesta dell’università americana».

Per Betrò è «un privilegio poter collaborar­e con un’istituzion­e che rappresent­a non

solo un’eccellenza museale ma anche una realtà culturale straordina­riamente vivace e dinamica». Betrò ha, tra l’altro, ricordato i legami tra Pisa e Torino: «Pisa e Torino rappresent­ano rispettiva­mente il più antico insegnamen­to universita­rio di Egittologi­a e il più antico Museo Egizio, un gemellaggi­o formidabil­e che si ripete». I prossimi progetti? Una giornata di studio e un workshop, previsti per autunno, in cui l’Egizio di Torino farà «da capofila» nella definizion­e del «ruolo sociale che i musei possono assolvere nell’emergenza migranti». Un progetto che parte dalla collezione, ma che ancora una volta si apre al mondo.

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