Progetti e obiettivi Inclusione, ricerca, un super comitato Il nuovo volto del Museo Egizio
dal nostro inviato
Un museo, per quanto di successo (881.463 visitatori nel 2016) e per quanto il più importante del mondo occidentale in materia di Antico Egitto, non può essere uno spazio immobile e chiuso, ma un luogo sempre aperto al confronto. Cosi l’Egizio di Torino ha da tempo scelto di puntare sulla partecipazione e sulla condivisione: quindi non solo mostre (Missione Egitto 1903-1920 è il titolo di quella aperta fino al 10 settembre dedicata alla figura di Ernesto Schiaparelli) e nuovi spazi espositivi (come l’ex Convento dei Crociferi di Catania destinato a diventare la futura sede distaccata del museo). Ma anche ricerche e progetti capaci di coinvolgere giovani ricercatori di tutto il mondo: tra quelli in corso uno sulla Tomba di Kha, uno sulla conservazione delle mummie, uno sullo «studio del cielo» al tempo dei Faraoni e uno per una serie di conferenze-seminari all’interno dell’Istituto Penitenziario Lorusso e Cotugno di Torino.
Dunque, la ricerca e l’internazionalizzazione come investimento per proseguire il cammino di crescita e di affermazione: «Una scelta strategica — come l’ha definita ieri Evelina Christillin, presidente della Fondazione Museo Egizio — che non vuole essere rivolta solo alla comunità scientifica, ma un pubblico sempre Una delle sale del Museo Egizio di Torino nel nuovo allestimento inaugurato nella primavera di 2015
più ampio e eterogeneo». L’espressione più recente di questa apertura al confronto è il nuovo comitato scientifico (presentato ufficialmente ieri) presieduto da Marilina Betrò, nominata dal ministro Dario Franceschini e professore ordinario di Egittologia all’Università di Pisa, e composto da sei membri «di grandissimo prestigio» come li ha definiti il direttore dell’Egizio Christian Greco: Diana Craig Patch, curatrice del Dipartimento di arti egizie del Metropolitan museum di New York; Susanne Bickel, professore di Egittologia presso l’Università di Basilea; Friederike Seyfried, direttrice dell’ Ägyptisches museum und papyrussammlung del Neues Museum di Berlino;
Vincent Rondot, direttore del Dipartimento delle Antichità egizie del Musée du Louvre di Parigi; Neal Spencer, curatore del Dipartimento dell’Antico Egitto e Sudan del British Museum di Londra e Willeke Wendrich, professore di Egittologia e direttore del centro Digital Humanities della University of California, Los Angeles. Quest’ultima (tra l’altro) già in città come coordinatrice della «Summer School UclaMuseo Egizio»: un corso di formazione per 22 studenti internazionali, in trasferta a Torino fino al 30 luglio «nato direttamente da una richiesta dell’università americana».
Per Betrò è «un privilegio poter collaborare con un’istituzione che rappresenta non
solo un’eccellenza museale ma anche una realtà culturale straordinariamente vivace e dinamica». Betrò ha, tra l’altro, ricordato i legami tra Pisa e Torino: «Pisa e Torino rappresentano rispettivamente il più antico insegnamento universitario di Egittologia e il più antico Museo Egizio, un gemellaggio formidabile che si ripete». I prossimi progetti? Una giornata di studio e un workshop, previsti per autunno, in cui l’Egizio di Torino farà «da capofila» nella definizione del «ruolo sociale che i musei possono assolvere nell’emergenza migranti». Un progetto che parte dalla collezione, ma che ancora una volta si apre al mondo.