Pianeta arbitri tra emozioni e tecnologia
Il calcio professionistico rappresenta meno dello 0,5% del totale: diventerà tecnologico, anzi lo doveva diventare già prima. La punta di diamante di un movimento che per il 99,5% resterà inalterato. Paradossalmente il nuovo calcio per poter essere applicato senza grandi difficoltà, ha bisogno di ritornare al pensiero originale sia per lo spirito che per le regole. Il fondamento delle «Regole del Gioco» rispondeva a tre imperativi: debbono essere «pratiche, giuste e ragionevoli». Meglio ancora facilmente comprensibili. Fu compilata la carta «L’Esprit du Jeu» che si preoccupò di ricordare che i tre punti fermi di questo semplice gioco dovevano rimanere «égalité, securité et plaisir»: uguaglianza e sicurezza tra i calciatori e divertimento come esito. Se si riuscirà a ritornare su questi principi, spesso scordati nel formulare nuove norme, con il risultato di mettere in contrapposizione calciatori e arbitri (fuorigioco, falli di mano, pericolosità nei contrasti, involontarietà), si ridurranno le diversità tra gli arbitri. Infatti, ogni tecnologia soffre la creatività individuale. Gli arbitri futuri, non questi molto individualisti, si integreranno meglio con la razionalità della Var. Se saranno convinti di vivere un momento rivoluzionario raggiungeranno risultati, sul campo e con i monitor, accettabili. Ma il vero problema è un altro. La carta dello spirito del gioco inizia dicendo: il calcio è più che un gioco semplice, è un’esperienza emozionale. Il gioco si basa sullo spostamento di un pallone conquistato dopo una lotta, anche fallosa. Semplice dunque, ma capace di scatenare la più grande disperazione o la gioia totale. Un flusso emotivo che comincia prima della partita e finisce ben dopo e che nessuno può raffreddare. Quando lo causava l’arbitro non si abbassava, anzi era motivo di ulteriore emozione. L’attesa di una verità tecnologica fredda dovrà essere breve per non abbattere la magia del pallone che vola nella rete.