Froome, giallo veleno snobba il rivale Aru Kittel, volata rabbiosa
TUn commento al ricorso di Peter Sagan, appena respinto dal Tas di Losanna? Smorfia: «Storia vecchia. Quando l’arbitro fischia protestare è inutile». Una frase sulla rivalità con l’altro sprinter teutonico, il vecchio Greipel? Sbuffo: «Rispetto e ammirazione, credo reciproche». Un intento sul record di Zabel, 12 vittorie al Tour? Qui Marcel Kittel perde (educatamente) la pazienza: «Perché mi fate sempre parlare degli altri?». Ha ragione. Ieri ha conquistato la sua 11ª vittoria al Tour in 4 partecipazioni ricordando ai francesi — ancora in estasi per il successo del belloccio nazionale Demare nel giorno degli strike di Sagan — che lo sprinter più forte al mondo è lui. Volata alla Kittel: Demare più veloce in assoluto (75 km/h di punta contro i 71,2 del tedesco), Marcel capace di reggere l’accelerazione per il doppio del tempo, rifilandogli una bici di distacco in 100 metri. Dopo un triplo rabbioso «Ja» sulla linea d’arrivo, Kittel si è accasciato a terra, sfinito. L’immenso costo energetico dei suoi sprint gli imballa spesso il motore nella seconda parte dei grandi giri. Vedremo già oggi (previsto arrivo bis per ruote veloci) se potrà strappare la maglia verde a Demare che ci tiene a riportarla in Francia dopo 22 anni. In una tappa placida e bollente, l’unico ostacolo per la maglia gialla Froome è stato l’ombrello sfuggito a un tifoso che ha rischiato di abbatterlo. Rispondendo a chi gli chiedeva se sulla Planche avesse scelto volontariamente (o meno) di non andare a caccia di Aru, Froome ha sparso le prime gocce di veleno sulla rivalità col sardo: «Fabio non era tra gli uomini fondamentali da inseguire». Secondo atto domani, sui tre colli della prima tappa di montagna.