Trump-Putin, patto sulla Siria
Deciso per domani il primo cessate il fuoco. Cortei anti G20, scontri e feriti
Èdurato oltre due ore l’atteso incontro tra il presidente americano Donald Trump e il leader russo Vladimir Putin, a margine del G20 di Amburgo. Raggiunta un’intesa sulla Siria: domani il primo cessate il fuoco. Al centro del colloquio, il nodo Russiagate. Ma Putin e Trump hanno parlato anche dell’Ucraina, di terrorismo e di cybersecurity. Scontri durante i cortei anti G20: oltre 150 agenti e 100 manifestanti feriti.
Che avessero voglia di un faccia a faccia, per annusarsi, sentirsi, studiarsi da vicino, mettere a confronto i propri ego, lo si è capito dal mattino, all’inizio della sessione plenaria del G20. Alla prima stretta di mano, Donald Trump ha contemporaneamente battuto la sinistra per ben tre volte sull’avambraccio di Vladimir Putin, quasi a dire «finalmente». Il presidente russo ha accettato sorridendo il saluto insolitamente caloroso, offrendo la destra e puntando poi Trump con l’indice dell’altra mano, in un gesto molto americano, da «I want you» alla Zio Sam.
Qualche ora dopo, nell’incontro bilaterale più atteso del vertice di Amburgo, seduti su poltrone bianche e con ai lati i due ministri degli Esteri a fare da angeli custodi, si sono scambiati un paio di gentilezze. «Sono onorato di incontrarla. Mi aspetto che accadano un sacco di cose positive per gli Stati Uniti e per la Russia», ha detto Trump tendendo di nuovo la mano a Putin. «Sono felice di conoscerla — gli ha risposto il leader del Cremlino —, abbiamo parlato più volte al telefono, ma non è mai abbastanza. Se si vogliono risolvere le questioni di politica internazionale occorrono incontri personali. Spero che questo porti a risultati positivi».
Se la chimica dei caratteri, l’empatia tra i due maschi alfa era uno dei criteri con cui giudicarlo, il «vertice dentro il vertice» tra Trump e Putin è stato un buon inizio. Non solo. Se i tempi, merce rara in un summit affollato come il G20, suggeriscono qualcosa, le oltre due ore trascorse insieme, in luogo dei 35 minuti messi in agenda dal protocollo americano, raccontano una discussione approfondita e densa di contenuti: per farli smettere, c’è voluto l’intervento personale di Melania Trump, che non voleva far tardi al concerto alla Elbphilarmonie, straordinaria icona della città anseatica, con la IX di Beethoven diretta da Kent Nagano.
Certo il cessate il fuoco concordato nell’area sud-occidentale della Siria dovrà essere definito nei dettagli e verificato alla prova del campo, prima di estenderlo al resto del Paese. Ma suona conferma, lo ha notato il segretario di Stato Rex Tillerson, del fatto che Stati Uniti e Russia possono cooperare per disinnescare la più grave delle crisi regionali.
Non è stata in ogni caso una discussione priva di tensioni. Trump ha subito sollevato il tema delle interferenze russe nella campagna presidenziale americana e presentato a Putin le preoccupazioni di Washington. Il leader del Cremlino ha negato ogni addebito. Certo le letture ex post fornite dai ministri differiscono un po’. Tillerson ha detto che Washington si aspetta un impegno da parte di Mosca a non interferire in futuro negli affari americani. Secondo il capo della diplomazia russa, Sergei Lavrov, Trump invece ha accettato la posizione di Putin. Ma su un punto l’intesa è apparsa piena: la questione è diventata un ostacolo per il miglioramento dei rapporti bilaterali e i due leader sembrano determinati a impedirlo.
La cautela è d’obbligo. Solo 24 ore prima, a Varsavia, il leader americano aveva lanciato parole di fuoco all’indirizzo della Russia, accusandola di «comportamenti destabilizzanti». Anche facendo la tara a un discorso tagliato su misura per la «sensibilità» polacca, il problema dell’imprevedibilità e della cifra ondivaga che è propria di Trump rimane. Inoltre bisognerà vedere in che modo questo abbozzo di dialogo con Mosca verrà accolto a Washington, dove non basterà certo lo scambio di Amburgo sulle interferenze, sia pur «robusto e approfondito» come ha detto Tillerson, a spegnere la miccia del Russiagate, che minaccia l’Amministrazione.
Per Putin, il bilancio resta comunque positivo. Come ci ha confermato Fyodor Lukyanov, esperto di politica estera addentro alle cose del Cremlino, «non c’era stata alcuna vera preparazione, né era stata predisposta alcuna agenda strutturata» per l’incontro tra Putin e Trump. Né Mosca si aspettava alcun risultato tangibile: il vero obiettivo del presidente russo era di capire se «si potesse arrivare a risultati concreti con questo presidente americano, ovvero se Trump non vuole o non può prendere alcun impegno». L’annuncio sulla Siria va quindi oltre le attese russe.
Di più, il leader del Cremlino incassa da Trump proprio sull’Elba, dove una volta passava una delle frontiere della Guerra fredda, quella «uvazhenie», il rispetto e la considerazione sulla scena internazionale, che egli rivendica per la Russia come attore globale. Che poi tutto ciò si riveli impalpabile ed effimero, in tema con l’imponderabilità di Donald Trump, è possibile. Ma ieri, ad Amburgo, l’Inno alla Gioia ha espresso piuttosto lo stato d’animo di Vladimir Putin.
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