Migranti, le navi Ong nei porti del Nord Italia
1 Al vertice di Tallinn la maggior parte degli Stati membri dell’Unione europea ha dato parere negativo all’apertura dei propri porti. Che cosa può fare l’Italia?
La trattativa sarà comunque portata avanti, almeno con alcuni Paesi che si sono mostrati più disponibili. In attesa dell’approvazione del «Codice di comportamento» delle Ong proposto dal ministro Marco Minniti che ha ottenuto il via libera dei partner europei, l’ipotesi è quella di escludere dalla «rosa» dei porti disponibili quelli siciliani. Vuol dire che le navi delle Organizzazioni non governative che attualmente approdano nello scalo più vicino alla Libia, saranno invece «dirottate» nei porti del nord, ad esempio Livorno, Genova, Trieste «per motivi di ordine pubblico». Un modo per scoraggiare la modalità finora utilizzata di prendere a bordo anche i migranti che si trovano su imbarcazioni che non sono in difficoltà e portarli più velocemente in Italia. Le autorità dovranno comunque garantire lo svolgimento delle procedure di «fotosegnalamento», dunque l’accertamento dell’identità attraverso le impronte digitali e l’accoglimento delle richieste di asilo politico.
2 Quando entrerà in vigore il Codice di comportamento delle Ong?
Nelle intenzioni del ministero dell’Interno, i tempi saranno brevissimi. Entro la fine della prossima settimana le regole dovrebbero essere operative. Il 13 luglio è prevista una riunione tra i vertici della Guardia Costiera e i responsabili delle Ong. E nel corso dell’incontro saranno illustrate le linee guida del provvedimento e soprattutto le sanzioni per chi non rispetta le regole. In particolare chi non avrà i requisiti, ma soprattutto non si atterrà a quanto stabilito dal Viminale, subirà il divieto di approdo.
3 Il Codice di comportamento per le Ong riuscirà davvero ad alleggerire la pressione dei flussi migratori?
Sicuramente scoraggerà una serie di comportamenti che finora hanno convinto i responsabili delle Ong a spingersi fino al confine delle acque territoriali libiche e in alcuni casi addirittura a oltrepassarle. Prevede infatti il divieto di trasbordo sulle navi della Guardia Costiera e delle altre autorità, se non in casi eccezionali. E dunque se la nave straniera caricherà i migranti, dovrà occuparsi di portarli fino in porto. E se lo scalo non sarà in Sicilia ma in una regione del nord Italia, vuol dire che la traversata può essere di centinaia di miglia e durare svariati giorni. Con un impegno più gravoso di quello attuale e soprattutto costi molto più elevati.
4 Il presidente del Consiglio Paolo Gentiloni al G20 di Amburgo ha precisato che «l’accoglienza non può essere illimitata». Che cosa può fare dunque l’Italia?
I trattati internazionali escludono che si possa procedere ai respingimenti perché in questo caso si tratterebbe di una procedura da effettuare in mare con tutti i rischi che questo comporta rispetto alla salvaguardia della vita delle persone. Tra le ipotesi formulate in queste ore c’è quella di uscire dall’operazione Triton a fine anno. Vuol dire non partecipare più alla missione internazionale di pattugliamento del Mediterraneo. Un gesto estremo per marcare la distanza dagli altri Stati. Ma soprattutto per sollevare il problema a livello internazionale sperando di aprire così un nuovo negoziato che consenta almeno di completare la relocation dei migranti visto che rispetto ai 20 mila da trasferire in due anni ne abbiamo trasferito soltanto 7.500.
5 Di fronte a una nuova e prevedibile ondata di arrivi ci sono posti sufficienti per l’accoglienza?
Sindaci e governatori hanno già fatto sapere di non essere disponibili ad accogliere persone oltre le 2o0 mila. il Viminale ha già allertato i prefetti per scongiurare il rischio, se il numero degli arrivi dovesse aumentare in maniera esagerata, di procedere alla requisizione di stabili e strutture.