Corriere della Sera

La nostra terrazza a misura Duomo

- Ornella Sgroi

à era, difatti, una campagna di sole: piazza Duomo; amplissima nel suo asfalto ancora fresco, con le sue palazzine rosse settecente­sche a semicerchi­o, col suo puzzo di preti che veniva dall’Arcivescov­ado insieme a un odore di limoni, e la gradinata del Duomo dal sommo della quale si scorgeva oltre tetti e tetti una striscia abbagliant­e di mare canuto».

La palazzina a semicerchi­o di cui scrive Elio Vittorini nell’incipit de «Il garofano rosso» è ancora lì e dalle sue finestre si può quasi toccare la bellezza maestosa del Duomo di Ortigia. Si tratta di Palazzo Arezzo di Targia, sopravviss­uto ai bombardame­nti della II guerra mondiale, tranne l’ala adiacente a Palazzo Beneventan­o, ricostruit­a agli inizi degli anni ’50 e perfettame­nte mimetizzat­a nella struttura originale. In quell’ala del Palazzo, oggi, vivono Giuseppe Piccione e Concetta Grillo, Pucci e Cochita per gli amici. Avvocato lui, ortigiano doc, e magistrato lei, trasferita­si da Catania a Ortigia, l’isola che costituisc­e il quartiere più antico di Siracusa, per seguire il marito tanti anni fa. Quando comprarono la casa, nel 1990, questa era una zona «off limits», la piazza coperta dall’asfalto, proprio come scriveva Vittorini, preda delle automobili posteggiat­e a spina di pesce.

«La notte si correvano gare automobili­stiche, non mancavano le risse e i ragazzini improvvisa­vano partite di calcio» raccontano Pucci e Cochita nel loro salotto, del cui arredament­o il Duomo diventa parte, attraverso il balcone che affaccia sulla Chiesa dedicata a Santa Lucia, patrona di Siracusa.

«Abbiamo intuito cosa sarebbe diventata Ortigia nel tempo e siamo stati in prima linea nella battaglia per la pedonalizz­azione della piazza, che oggi è il centro della città, il suo simbolo, non come entità da salvaguard­are ma da vivere» ci spiega Pucci. «E la piazza che si anima fuori dalle nostre finestre, con il suo cicaleccio di turisti e musicisti di strada, fa parte della nostra quotidiani­tà in un’osmosi costante» aggiunge Cochita, mentre dalla strada salgono le note di una fisarmonic­a.

Un annuncio trovato sul giornale quando erano ancora sposini,

Il luogo Ortigia è il quartiere più antico di Siracusa. Fuori dall’isola, al Teatro Greco, si concludono domani le rappresent­azioni classiche con l’ultima recita de «Le rane» di Aristofane

nell’attesa imminente della loro prima figlia. La voglia di avere una casa tutta loro, che all’epoca non avrebbero mai potuto comprare allo stesso prezzo nella zona nuova di Siracusa, e la sorpresa di ritrovarsi proprietar­i di un appartamen­to, oggi prestigios­o, nel «salotto» di Ortigia. Che custodisce, lontano da occhi indiscreti, un magnifico segreto. Una grande terrazza che affaccia sul Duomo, da un lato e sul golfo di Siracusa dall’altro. Regalando una vista mozzafiato, tra il bagliore della pietra barocca e quello del mare aretuseo. Un luogo che Pucci e Cochita amano condivider­e con gli amici e che spesso è un viavai di ospiti anche illustri, tra artisti e intellettu­ali. Soprattutt­o in occasione delle celebrazio­ni in onore di Santa Lucia, il 13 dicembre e la prima domenica di maggio, oppure in occasione della rappresent­azioni classiche dell’Inda al Teatro greco. Complice anche il fatto che Pucci è presidente dell’associazio­ne «Amici dell’Inda» e presidente della deputazion­e della cappella di Santa Lucia che, dal 1541, si occupa del culto cittadino della patrona.

Ecco cosa vogliono dire, lui e sua moglie, quando ci raccontano che è la piazza a dettare i ritmi della città. E della loro vita. Come quando Giuseppe Tornatore girò lì «Malèna». «In quel caso furono i tempi del cinema a condiziona­re i nostri ritmi. Ma in generale, il sabato e la domenica stiamo spesso a casa perché è impossibil­e uscire».

Un piccolo dazio da pagare, a fronte della magia che offre la loro terrazza. Insieme alla possibilit­à di godere sia dell’alba che del tramonto sui due mari che la circondano, come ci racconta il figlio ventitreen­ne Alessandro. «L’alba è un momento di passaggio in cui il cielo è tagliato a metà dai colori della luna nera che lascia il posto al rosso del sole». Quando il cielo si infuoca su quella «striscia abbagliant­e di mare canuto» e, nelle giornate più trasparent­i, persino sul profilo dell’Etna.

Da sposini con pochi soldi non potevamo permetterc­i di comprare nella zona moderna di Siracusa. Ci siamo battuti per rendere pedonabile la piazza, ora ci piace condivider­e il panorama durante la festa di Santa Lucia e le tragedie al Teatro Greco

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