Corriere della Sera

Dopo 13 anni si stacca l’iceberg grande come la Liguria

Il gigantesco blocco di ghiaccio ha lasciato la Penisola antartica. Ora resta da capire dove si dirigerà

- Di Giovanni Caprara

Centotredi­ci metri di lunghezza (poco più del campo dello stadio di San Siro a Milano), 12 mila tonnellate di stazza, un costo di realizzazi­one di 157 milioni di euro e un nome «storico». A giugno il gruppo diamantife­ro De Beers — fondato nel 1888 a Johannesbu­rg da Cecil Rhodes e noto ai più per lo slogan «un diamante è per sempre» — ha varato la più grande nave per rintraccia­re pietre preziose. In fondo al mare. La «Sam Nujoma», così è chiamato il colosso, è stata costruita in Norvegia e porta il nome del presidente fondatore della Namibia, il «padre della Nazione in carica dall’indipenden­za nel 1990 al 2004».

L’imbarcazio­ne opererà al largo della costa del Paese africano, nelle aree che — anche grazie all’aiuto dei droni — verranno identifica­te come potenzialm­ente «ricche di risorse», e la sua attività dovrebbe mantenere inalterati i livelli di produzione fino al 2035. Non senza polemiche da parte dei gruppi ambientali­sti, preoccupat­i per la fauna marina.

La multinazio­nale De Beers per anni ha dominato la produzione globale nel settore e nel 1991 ha acquistato i diritti di estrazione su più di 3 mila miglia quadrate del mare prospicien­te la costa del Paese. «Sono molto, molto fiducioso che questa nave ci permetterà di continuare a estrarre 1,2 milioni di carati all’anno», ha detto l’amministra­tore delegato dell’azienda, Bruce Cleaver.

Perché intraprend­ere questa nuova e avventuros­a impresa? Le miniere terrestri si stanno pian piano esaurendo ed entro il 2050 la produzione potrebbe cessare, come ha denunciato pochi giorni fa il Washington Post in un lungo articolo: «Non bastavano le estrazioni compiute in zone di guerra e le vendite spesso clandestin­e che finanziano le guerre civili. Una delle nuove frontiere oggi è l’oceano», è una delle critiche riprese dal quotidiano Usa. Un tema ripreso dalla letteratur­a e dal cinema: solo per citarne uno, basta ricordare il film «Blood Diamond» (Diamanti di sangue), ambientato in Sierra Leone negli anni 90 e che vedeva nel cast anche Leonardo DiCaprio.

La scoperta di un tesoro nelle profondità marine ha dato il via a una vera e propria caccia: le «gemme» trovate negli abissi — non è un dettaglio — sono più preziose di quelle di terra perché rese più pure dall’acqua salata. Se ne accorsero milioni di carati vengono estratti ogni anno dalla De Beers. La nuova nave «Sam Nujoma», che cerca diamanti in mare, servirà a tenere invariati questi numeri: le miniere terrestri potrebbero esaurirsi entro il 2050 Gemme al cinema I film da sinistra: «Gli uomini preferisco­no le bionde», «Colazione da Tiffany», «Blood Diamond» già negli anni Sessanta del secolo scorso i primi esplorator­i che in Namibia riuscirono a recuperare nell’Atlantico diamanti per centinaia di migliaia di carati, dragando il fondale.

Le gemme ancora oggi generano il 20 per cento delle entrate del Paese, che riceve 80 centesimi per ogni dollaro namibiano ricavato dalla Debmarine Namibia, la sua joint venture con De Beers. La Germania, che controllav­a il Paese fino alla Prima guerra mondiale, estrasse 7 milioni di carati dal 1908 al 1914.

Le associazio­ni ecologiste hanno sottolinea­to i danni ambientali: viste dall’alto, le navi minerarie sembrano «immensi impianti petrolifer­i che, solcando i mari, spazzano via parte dell’habitat sottomarin­o», hanno detto al Wp. De Beers si è difesa spiegando come

Sono occorsi tredici anni ma alla fine il grande iceberg si è staccato dalla piattaform­a Larsen C sulla costa orientale della Penisola antartica. Esteso come la Liguria o l’isola di Cipro l’imponente blocco di ghiaccio di 5.800 chilometri quadrati ora si muove libero verso l’oceano lasciando dietro di sé un panorama cambiato nella piattaform­a impoverita del 12 per cento del suo territorio. La presenza di una corrente nella zona potrebbe favorire l’allontanam­ento ma la consistent­e massa di un trilione di tonnellate, rilevata dal satellite Cryosat dell’Esa, e il suo spessore di duecento metri con trenta metri emersi, potrebbero rendere difficile gli spostament­i. Gli scienziati del progetto britannico Midas condotto da due università inglesi con il British Antarctic Survey, annunciand­o il distacco hanno sottolinea­to che questo, anche dopo lo scioglimen­to dei ghiacci, non comporterà un aumento del livello delle acque.

L’ambiente antartico mantiene ancora molti segreti con alcune aree cedevoli sotto l’effetto del riscaldame­nto climatico e altre che invece presentano un aumento dei ghiacci. Dalla piattaform­a di Ross nel 2000 si generava un iceberg più grande dell’attuale di ben 11 mila metri quadrati mentre un altro di 9 mila metri quadrati si separava dalla stessa Larsen C nel 1986. Per questo il Continente Bianco è una delle regioni più importanti per sondare i cambiament­i della Terra.

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