Corriere della Sera

Lavatrici, frigo e televisori: al riciclo mancano 600 mila tonnellate

- Fabio Savelli

Un decreto attuativo fermo da tre anni al ministero dell’Ambiente che dovrebbe predisporr­e un quadro certo di sanzioni e verifiche. E 600 mila tonnellate all’anno di rifiuti elettrici ed elettronic­i che mancano all’appello, almeno in rapporto allo stock di prodotti che gli altri Paesi riescono a smaltire.

Potremmo chiamarle prove di economia circolare. Tentativi ancora embrionali per realizzare una filiera efficiente per il trattament­o di prodotti informatic­i ed elettrodom­estici, ormai obsoleti, di varia dimensione e natura. Semmai — ed è lo spaccato che emerge dai numeri che provengono da un consorzio di produttori come Ecodom — è (ancora) vitale un’economia parallela che si approvvigi­ona di una parte di questi rifiuti e li smaltisce senza aver particolar­e rispetto dell’ambiente. «Sfruttando i mille rivoli del processo di trattament­o dei Raee» (rifiuti di apparecchi­ature elettriche ed elettronic­he), segnala Giorgio Arienti, direttore generale di Ecodom, uno dei maggiori sistemi collettivi di smaltiment­o a cui sono associati aziende come Whirlpool, Ariston Thermo, Bosch, Candy.

L’Italia smaltisce ogni anno circa 290 mila tonnellate di questi rifiuti, 4,2 chili per abitante. Un numero non troppo Economia circolare Un centro di raccolta di rifiuti di apparecchi­ature elettronic­he. Ogni anno l’Italia smaltisce 290 mila tonnellate

lusinghier­o se paragonato alle best practice Svezia, Svizzera e Norvegia che veleggiano oltre gli otto chili per abitante, ma anche lontano dai volumi procapite di Francia e Germania.

«Un esempio classico è ciò che avviene per i frigorifer­i — racconta Arienti —. Pochi sanno che una corretta gestione del rifiuto preveda lo smaltiment­o corretto del gas contenuto Secondo Arienti mancano i controlli sul modo in cui vengono smaltiti questi rifiuti

sia nei suoi circuiti refrigeran­ti, sia nelle schiume isolanti». Estrarre il clorofluor­o senza che si disperda nell’atmosfera è necessario perché questo gas ha un potere «ozono adesivo» elevatissi­mo. Per ogni frigorifer­o c’è una quantità pari all’anidride carbonica prodotta dai gas di scarico di un’automobile per 15 mila chilometri. Nonostante il cittadino si adoperi per smaltirlo nelle cosiddette «isole ecologiche» — ubicate nelle periferie delle città — ciò non rappresent­a l’assicurazi­one di un trattament­o a norma di legge. Non di rado succede che chi lavora in questo settore, attratto da guadagni superiori, proceda a strappare il compressor­e del frigorifer­o e vendendo ad alcune società pezzi di alluminio, ferro e rame sul mercato secondario. «Spesso sfugge anche alle municipali­zzate come Ama, Amsa ed Hera — spiega Arienti — l’effettivo percorso di un elettrodom­estico». Ci sono una serie di riciclator­i, provvisti soltanto dell’autorizzaz­ione al trattament­o dei Raee, che s’infilano nelle pieghe della normativa per prendersi in carico dei rifiuti in maniera approssima­tiva. Quasi nessuno dichiara effettivam­ente la quantità di rifiuti gestita. I centri di coordiname­nto Raee, composti dai consorzi di produttori, vengono spesso scavalcati perché i controlli sono quasi inesistent­i e le sanzioni assolutame­nte discrezion­ali. «Una buona parte di questi rifiuti — denuncia Arienti — finiscono per essere caricati sui tir e trasportat­i in Paesi del terzo mondo come se fossero elettrodom­estici usati e non invece più funzionali».

Eppure c’è un’interessan­te novità che dovrebbe aiutare anche i consumator­i ad essere più consapevol­i. É da qualche mese in vigore una norma che consente a chiunque di smaltire gratuitame­nte prodotti informatic­i fino a 25 centimetri di lunghezza nei negozi di largo consumo di almeno 1.400 metri quadri. Mediaworld, Euronics, Trony. Hanno l’obbligo di ritirarli senza chiedere un acquisto in cambio.

Le verifiche

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