Il Tour decolla e atterra sui Pirenei Aru e Bardet piloti incursori anti Froome
Fabio e Romain simboli della rivalità Italia-Francia all’attacco dell’inglese
I passeggeri del Tour de France sono pregati di allacciare le cinture di sicurezza: archiviata ieri la quinta (facile) volata vincente di Marcel Kittel, oggi la Grande Boucle decolla. Letteralmente. Non contenti di riproporre l’arrivo del 2012 a Peyragudes, gli organizzatori hanno allungato la pista dell’unico altiporto dei Pirenei, piazzando il traguardo sul pendio artificiale al 16% utilizzato per rallentare gli aerei in atterraggio. Chris Frome già frena: «Attaccare? Il mio obbiettivo è non concedere spazio ai rivali più vicini in classifica». La coppia Aru & Bardet ha invece una voglia matta di decollare lasciando l’inglese a quote più basse. Gemelli diversi, Fabio e Romain. Li uniscono età (classe 1990), origini da biker, comune gavetta da dilettanti e l’essere in scia di Froome: Aru a 18”, Bardet a 51”. E poi coraggio e tenacia che mettono nel non arrendersi mai.
A dividerli il carattere (più chiuso il sardo, più aperto il ragazzo dell’Alta Loira) e palmares: per Aru una Vuelta e due podi al Giro, per Bardet sempre e solo Tour col secondo posto del 2016. Le differenze ripropongono una delle più fiere rivalità del ciclismo — quella tra Italia e Francia — rispecchiando la grande differenza attuale tra le due culture. Aru (come Nibali) è frutto straordinario e isolato di passione familiare e di tenacia personale. Nato nel deserto ciclistico sardo, emigrato in Lombardia, approdato professionista in un team straniero per estinzione di quelli italia- ni. Bardet è invece uno dei molti prodotti eccellenti della scuola transalpina. La sua AG2R è un’accademia del ciclismo nazionale, gestisce un campus dove forma giovani talenti cui finanzia anche gli studi universitari, tenendoseli poi ben stretti da professionisti. Dietro Bardet c’è tutta la Francia. In lui i nostri cugini vedono l’uomo che può rompere un digiuno di 32 anni: Bernard Hinault, 1985. E Bardet (al contrario dell’altro grande talento Pinot) pare reggere bene l’enorme pressione mediatica.
Aru di pressione ne ha poca o (come il Nibali del 2014) non la sente. Oggi il primo vero test di coppia in alta montagna del Tour. Pau e Peyragudes sono separate da 215 chilometri. Tre ore di calma quasi piatta, l’antipasto del Col de Mentè — che non è una collinetta — e poi in successione i classici Port de Balès e Peyresourde cui è stata appiccicata la pista di decollo finale. Aru è più attaccante, Bardet più contrattaccante. Bardet quando si stacca si stacca, Aru quando si stacca spesso torna sotto, bocca spalancata e incollata al manubrio. Bardet in discesa mostra lucida follia, Aru più lucidità che follia. A Bardet (e ai suoi) non è piaciuto che Aru abbia riportato sotto Froome mentre lui era in fuga a Grenoble, ma è pronto ad allearsi col sardo per provare a staccare l’inglese, magari sul Peyresourde.
Bardet ha una squadra francofona a ranghi compatti. Aru è rimasto l’unico italiano in una multinazionale, dopo il ritiro ieri, per frattura del polso, del fedelissimo Cataldo. Il suo compagno Fuglsang oggi riparte invece con due microfratture a polso e capitello radiale. La pista di decollo è libera, la torre di controllo prevede 15 gradi, buona visibilità a dispetto di nuvole basse e 5 nodi di vento da ovest.